31 Gennaio 2012

PRATUM NOSTRUM/Sabatino detto “Liccio”, il clochard gentiluomo rimasto nella memoria dei nostri nonni


Una rara foto di Liccio (gentile concessione Archivio Ranfagni)

Tanti giovani chiedono chi fosse Liccio, spesso citato dai loro nonni ma soltanto come uno strano clochard che per diversi anni, tra il XIX e il XX secolo, ha vagato nel centro di Prato.
Però, prima di proseguire, mi sento in obbligo di ringraziare tutti coloro che hanno espresso il proprio pensiero sul nostro centro storico, leggendo la mia rievocazione di com’era animata un secolo fa la Piazza del Duomo. L’unico intervento  che mi ha lasciato perplesso  è stato quello della contestazione alle multe elevate, come se il Codice Stradale non fosse in vigore, oppure valido solo per “esseri inferiori” e quel bottegaio, che si sente offeso dal termine “italianotto”, ora può rilassarsi perché finalmente sono stati liberalizzati gli orari!
Tornando a Liccio è interessante il comportamento che ha tenuto per tutta la sua esistenza nei confronti della realtà quotidiana, infatti viveva di elemosina ma a modo suo. Quando aveva una necessità stendeva la mano con un comportamento perlomeno originale: se gli occorreva un bicchiere di vino ed un cittadino gli dava una Lira, Liccio restituiva il resto perché costava solo venti centesimi!
La sua meta preferita erano le osterie di Cèncio, Tonino e Filidoro; non aveva la carta d’identità e i suoi posti preferiti per sonnecchiare erano i sagrati del Duomo e di San Francesco. Leggendo le cronache dell’epoca non risulta mai una frase oltraggiosa, o peggio un danno fisico, a questo barbone che viveva secondo una personale filosofia di vita ma con certezza benvoluto da tutti i pratesi, tanto che a volte alcuni forestieri si provavano ad offenderlo ma lui trovava sempre qualche cittadino pronto a difenderlo.
La sua norma di vita era improntata alle cose più semplici, per esempio rifiutava un posto nel dormitorio pubblico, diceva che quando gli regalavano un vestito egli se lo toglieva soltanto quand’era da buttare via, cogliendo l’occasione per lavarsi. Mal visto dai preti perché la sua presenza era indecorosa davanti ai luoghi di culto, Liccio rispondeva a loro che quando finiva la vita terrena si sarebbero trovati nello stesso posto tutti assieme!
Il suo vero nome era Sabatino Gori nato a Casale il 4 di ottobre del 1873, ma per tutta la sua esistenza i pratesi lo chiamarono col nome di un attrezzo tessile che serviva per innalzare o abbassare i fili dell’ordito: Liccio.
La grande difficoltà è stata quella di reperire l’unica foto che ha accettato di farsi scattare, ma grazie all’archivio Ranfagni possiamo mostrare l’immagine di un uomo particolare rimasto ancora oggi nella memoria di tutti, anche se non lo hanno conosciuto personalmente. Altri mendicanti come Baìna si sono distinti per le loro stranezze, ma l’unico rimasto nella memoria collettiva è Liccio.

Alessandro Assirelli

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Roberto Carlesi
Roberto Carlesi
9 anni fa

Da alcuni considerato lo scemo del villaggio da altri un filosofo. Bello sarebbe fare una raccolta di aneddoti legati a questo personaggio prima che la memoria venga spersa 😉