27 Febbraio 2015

Dossier Cgil sulla sanità: “Occorrono 50 milioni per Prato”: appello al sindaco e alla Regione e dubbi sul project financing


La sanità pratese avrebbe bisogno di una cifra tra i 40 e i 50 milioni di euro e di oltre 500 operatori sanitari in più, tra medici, infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici e amministrativi, per raggiungere i livelli medi di quote sanitarie e di personale delle Asl toscane. È il calcolo della Cgil di Prato che ha passato sotto la lente di ingrandimento la sanità pratese in un corposo dossier dal titolo eloquente: “Salviamo la salute”. Alla vigilia delle elezioni regionali, il sindacato raccoglierà le 300 firme necessarie per presentare una petizione al consiglio comunale e chiedere al sindaco di impegnarsi per ottenere dalla Regione un bilanciamento delle risorse. I 3 milioni di euro più volte annunciati dall’assessore regionale Marroni sono dunque ritenuti assolutamente insufficienti dalla Cgil per far fronte ai problemi della sanità pratese: l’insufficienza dei posti letto del nuovo ospedale (occupati per il 98%), la carenza di risposte territoriali, la chiusura di alcuni distretti (oltre a quello di via Clementi a San Paolo, non sono più accreditabili per carenze strutturali anche le sedi di Vernio, Montemurlo e Carmignano), l’inadeguatezza delle quote sanitarie per le case di riposo, i livelli di assistenza domiciliare integrata, le liste di attesa che in molti casi, per visite specialistiche e diagnostiche, non rispettano i termini fissati dalla Regione.

Il pronto soccorso preso d’assalto
“A questo si aggiunge la super-affluenza al pronto soccorso da parte di persone che non trovano risposte adeguate sul territorio – spiega Lorenzo Pancini, della Funzione pubblica Cgil -. Per questo proponiamo di istituire al pronto soccorso la presenza di un medico di medicina generale e un infermiere del territorio che una volta preso in carico il paziente, attivino in collaborazione con il medico di famiglia il percorso territoriale più adatto a quella persona, in modo che magari non sia costretta a tornare in ospedale pochi giorni dopo. È un sistema che è stato testato a Pistoia con la presenza al pronto soccorso di infermieri territoriali e ha dato buoni risultati, soprattutto con pazienti cronici e persone che hanno trovato risposte di diagnostica sul territorio. Chiediamo che il servizio venga sperimentato a Prato per un anno con accesso dopo il triage”.

Le risposte sul territorio
La Cgil chiede che vengano almeno raddoppiati i posti letto delle cure intermedie nella palazzina ex malattie infettive del Misericordia e Dolce (da 12 a 24 posti letto), e che si attivino altri 20 posti letto a bassa intensità di cura, oltre ai 20 già esistenti in convenzione con Villa Fiorita. “Le aggregazioni funzionali territoriali che dovevano riunire i medici di famiglia ed estendere gli orari di ricevimento, dalle 8 alle 24 sette giorni su sette, con il coinvolgimento delle guardie mediche sono rimaste solo sulla carta. È ora di farne partire almeno una, csì come è opportuno iniziare a sperimentare almeno due case della salute, soprattutto in provincia, a Montemurlo e in Vallata, ma anche a Poggio a Caiano” aggiunge Pancini.
A preoccupare la Cgil è anche la chiusura dei distretti non più accreditabili per carenze strutturali. Se a Montemurlo è quasi pronta la nuova sede di via Milano e a Carmignano ci sarà il trasferimento nei locali della Misericordia, a San Paolo i servizi del sistretto di via Clementi sono stati “polverizzati svuotando un’area con quasi 40 mila abitanti”, e uno scenario simile si apre per Vernio, dove i cittadini “per recarsi alla struttura pubblica più vicina sarebbero costretti a recarsi a Castiglion dei Pepoli”. Il sindacato reputa insufficienti anche l’assistenza domiciliare integrata (cure multidisciplinari a domicilio degli anziani cronici) e l’offerta pubblica nelle Rsa. Nel primo caso a Prato il servizio sanitario garantisce la copertura del 2% della popolazione ultra65enne, a fronte di una media nazionale del 4,1%. Per quanto riguarda le ex case di riposo, le quote sanitarie, che rappresentano circa le metà dei 105 euro di retta giornaliera e sono riconosciute soltanto alle persone con gravi non autosufficienze e invalidità, a Prato sono meno di 600 a fronte di un fabbisogno di 800. “Significa che ci sono duecento famiglie a Prato che hanno diritto alle quote sanitarie perchè un loro familiare è moribondo e scoprono soltanto in un secondo momento di dover pagare interamente di tasca propria la degenza in una Rsa, che può costare fino a tremila euro al mese. In alcuni casi il giudice ha ordinato alla Asl di rimborsare questi soldi perchè le quote sono comprese nei livelli minimi di assistenza”.

Le liste di attesa
Secondo il monitoraggio della Cgil a febbraio 2015 diverse sono le prestazioni che non rientrano nei parametri che la Regione deve garantire. Superiori ai 15 giorni previsti i tempi di attesa per le prime visite di cardiologia (42 giorni), chirurgia (21 giorni), urologia (30 giorni), dermatologia (29 giorni), oculistica (18). Rientrano invece nei termini previsti le visite neurologiche (15 giorni), ortopediche (4 giorni), ginecologiche (8 giorni), otorinolaringoiatriche (9 giorni). Per la diagnostica superiori ai 30 giorni previsti dalla Regione quasi tutte le tipologie di ecografia (dai 35 ai 78 giorni di attesa) la teleradiografia (35 giorni) e l’ortopantomografia (31 giorni).

Il project financing
A complicare il quadro il difficile rapporto con il concessionario del nuovo ospedale. La questione delle tariffe del parcheggio è la più evidente, ma altri servizi esternalizzati dal concessionario come la sanificazione dei letti, hanno portato a complicazioni e maggiori rigidità negli orari di dimissione. Sul project financing, la Cgil sottolinea che a fronte della rapidità nella costruzione dell’ospedale (eretto in tre anni e mezzo), ci sono altri problemi legati ai costi. Il Santo Stefano è costato quasi 190 milioni di euro (3.336,80 euro a metro quadro) e i 4 nuovi ospedali toscani (Prato, Pistoia, Lucca e Massa) sono costati 657,5 milioni, di cui 199,3 a carico del concessionario, 169,1 da parte dello stato e 289,1 finanziati dalle 4 Asl. Secondo la Cgil il concessionario recupererà l’investimento e realizzerà un profitto considerevole nei 19 anni e due mesi di gestione di vari servizi non sanitari, che peraltro decorrono dal termine della costruzione del nosocomio di Massa non ancora completato. “La Asl di Prato e il concessionario hanno già ridefinito tre volte il contratto di servizio e secondo l’ultimo disponibile il canone mensile versato a Sat è di 1 milione e 735.200 euro. Una cifra che moltiplicata per i 19 anni e 2 mesdi di concessione, farà arrivare sui conti del concessionario 399 milioni di euro soltanto dalla Asl 4. “La forza di negoziazione del privato è più forte di quella pubblica, perchè Sat tratta le condizioni con 4 diversi direttori generali” spiega Pancini, secondo il quale una direttiva europea che l’Italia sarà tenuta a recepire presto, rivede l’istituto delle concessioni e le condiziona all’esistenza del rischio d’impresa da parte del privato, distinguendo così il project financing da un normale appalto. “In questo caso il rischio d’impresa è praticamente azzerato”.

Dario Zona

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lucia
lucia
9 anni fa

Vorrei capire dove si trovavano i sindacati dei medici degli infermieri coloro che dovevano controllare che l’ospedale fosse a norma prima di aprirlo quando i cittadini di via ciulli protestavano per il grave inquinamento ambientale che ha pro vocato loro non pochi danni alla salute ììììì Tutti erano proni nel magnificare il grande scempio ambientale e funzionale. VERGOGNAìììììì Che intervenga la magistratura e la Corte dei Conti.