25 Maggio 2015

Il “tragico lunedì” della Grande Guerra: nel conflitto morirono quasi mille pratesi. Il primo fu Amedeo Papini – FOTO


Era un lunedì, il 24 maggio del 1915. L’inizio della settimana e insieme di una esperienza terribile, anche per i pratesi: l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, a fianco dell’Intesa e contro l’Impero austro-ungarico e la Germania. All’inizio di questa settimana, di lavoro, di studio e di impegno per molti, noi di Tv Prato vogliamo ricordare quel tragico lunedì: sul piatto l’acquisizione delle terre «irredente» di Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, assieme all’Istria e alla Dalmazia. Un piatto pesante, visto che costò al nostro Paese oltre un milione e duecentomila morti. Di questi, 971 furono della nostra città: quasi mille giovani lasciati senza futuro dalla logica barbara della guerra, secondo quanto attesta il libro «I nostri caduti della Grande Guerra». Stampato nel 1937 nello stabilimento di Guido Rindi, fu scritto dal canonico Eugenio Fantaccini, che allora era vicario generale della diocesi di Prato, unita ancora – a quei tempi- con quella di Pistoia. Un testo che – secondo la logica del ventennio fascista che stava peraltro portando il Paese verso un secondo conflitto – enfatizza il martirio dei nostri concittadini caduti nel nord-est, ma che nasconde tra le righe il dolore e la sofferenza patiti da centinaia e centinaia di pratesi, molti dei quali appunto perirono. Il primo di questi fu Amedeo Papini, caporal maggiore dei Bersaglieri, scomparso al Passo delle Selle il 18 giugno del ’15, meno di un mese dopo l’inizio delle ostilità. Aveva venticinque anni. «Era stato quindici mesi in Libia due anni or sono [1913] – racconta mons. Fantaccini nel suo libro, che raccoglie documenti e pagine di diario dei pratesi partiti per le trincee – ed aveva riscosso l’elogio dei suoi superiori per la sua abilità e per le sue buone qualità d’animo. Richiamato al fronte, veniva colpito da una palla durante un glorioso fatto d’armi». Appena ufficializzata la morte, subito si mosse l’amministrazione del Comune: il sindaco del 1915, Alfredo Guarducci, nell’adunanza del consiglio comunale del 5 luglio, ricorda Papini come «un figlio buono e affezionato, che aveva già dato largamente alla Patria delle sue migliori energie».
«Alla memoria del valoroso che è il primo martire pratese di questa Campagna d’Indipendenza, santa primizia di santa guerra – scrive il cavalier Guarducci – diamo onore di pianto, alla famiglia desolata il nostro sostegno, il nostro aiuto, il conforto dei sentimenti della cittadinanza di cui io sono in questo momento interprete». Lo si nota bene dalle parole sopra riportate: le lacrime si mischiano alla propaganda nazionalista. È ancora presto per quantificare l’inesorabile devastazione che avrebbe provocato, anche nei cuori dei nostri concittadini, il primo conflitto di portata mondiale. Nessuno, nel 1915, sapeva cosa aspettarsi e si immaginava a cosa sarebbe andato incontro: c’era ancora grande stupore negli occhi dei giovani, ce ne rendiamo conto bene dalla lettera che un soldato pratese – di cui non conosciamo il nome – scrisse a suo zio: «Se vedesse che vette nevose e ripide, e con certi valloni, che fanno impressione a vederli! […] Anche qua non mancano i pratesi; ne ho trovati molti specie nei reggimenti di fanteria e del genio. Sono tutti allegri e contenti e bramosi di distinguersi per tenere alto il buon nome dell’Esercito italiano». Ma in poche settimane, l’esaltazione avrebbe lasciato il posto al dolore per i tanti morti, che tre anni dopo la vittoria non avrebbe cancellato. Nella galleria sottostante, assieme ad alcune immagini d’epoca, alcuni dei volti dei caduti pratesi, raccolti proprio nel testo citato.

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