21 Novembre 2015

“Minori stranieri, integrazione ancora difficile”. Oltre il 40% abbandona gli studi superiori: nel 2014 solo 46 diplomati in tutta la provincia


Minori senza famiglia d’origine, adolescenti che abbandonano la scuola e ragazzi che hanno difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro. L’integrazione passa anche da loro: i tanti, piccoli, stranieri che arrivano a Prato e che trovano non pochi ostacoli nell’inserirsi in società.

Un dato su tutti traccia i contorni di una triste realtà: sono 16 i ragazzi non accompagnati – senza genitori né rappresentanti legali – arrivati a Prato dall’inizio dell’anno, 12 solo negli ultimi tre mesi. Albanesi in maggioranza, ma anche pakistani marocchini ed egiziani.

Di questo e delle strategie da mettere in campo si è parlato nel corso del Convegno “Minori stranieri, uguali e diversi”, promosso da Pamat, l’associazione per la prevenzione degli abusi sui minori, che ha riunito istituzioni ed esperti per fare il punto della situazione.

“La prima problematica che scontano questi minori è la mancanza di un sostegno alla base: famiglie poco presenti a causa di turni di lavoro massacranti o famiglie che non ci sono proprio – sottolinea Elena Lenzi, presidente Pamat -. Ci sono poi le difficoltà della lingua e quindi anche la possibilità di conoscere la società e di capire come muoversi”.

A questo si aggiunge il disagio sul fronte scolastico: a Prato oltre il 40% dei giovani stranieri abbandona gli studi alle superiori. Più della metà sono adolescenti di cittadinanza cinese. Tra il 2013 e il 2014 sono stati soltanto 46 i diplomati stranieri a livello provinciale.

“Rischiamo di perdere un patrimonio rappresentato dalla diversità linguistica e di saperi che arriva da tutto il mondo e che noi non riusciamo a mettere a sistema – spiega il vicesindaco e assessore all’Integrazione del Comune Simone Faggi -. Intendiamo portare avanti il lavoro intrapreso finora, quindi aumentare le risorse per migliorare l’inserimento scolastico degli stranieri e attivare percorsi per dialogare in maniera più incisiva con i genitori”.

Ostacoli, infine, anche nel trovare un impiego stabile. Se il mercato assorbe ragazzi stranieri soprattutto nell’ambito delle mediazioni culturali, molto resta ancora da fare per coloro – in particolare cittadini orientali – che si allontanano da scuola e restano confinati nell’azienda di famiglia.

“Dobbiamo tutti interessarci di più e promuovere il ‘buon lavoro’ – rimarca il direttore della Fil Michele del Campo – perché questi ragazzi, presi dalla loro cultura, si trovano talvolta a vivere situazioni di ambiguità. Nella loro cultura c’è una forte presenza nel luogo di lavoro. La società offre a questi giovani anche modelli alternativi”.

Giulia Ghizzani

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