2 Maggio 2016

La Borsa non ammette a quotazione la Banca Popolare di Vicenza


Colpo di scena nella vicenda del salvataggio della Banca Popolare di Vicenza. Dopo la scarsa adesione del pubblico all’aumento di capitale, la Borsa Italiana ha respinto la richiesta di quotazione del titolo a Piazza Affari.
«Borsa Italiana – si legge in una nota – non dispone l’inizio delle negoziazioni e pertanto il provvedimento di ammissione delle azioni della Banca Popolare di Vicenza è da considerarsi decaduto».
Con ogni probabilità, la mancata autorizzazione è motivata dall’assenza di flottante, ovvero di azioni della Banca diffuse e contendibili sul mercato. A seguito dell’aumento di capitale e dell’azzeramento delle azioni (da 62,5 euro ad appena dieci centesimi in poco più di un anno) gli oltre 115 mila azionisti sono rimasti con pacchetti insignificanti di quote. Soltanto 5 mila soci hanno sottoscritto l’aumento di capitale (per un totale di 2,5% di quote), gli investitori istituzionali hanno coperto attorno all’8%, mentre le azioni non vendute sono andate al Fondo Atlante (costituito da Unicredit, altre banche, Fondazioni e Casssa depositi e prestiti).
Secondo quanto previsto dalla normativa, con il no della Borsa alla quotazione, il fondo Atlante sottoscriverà adesso tutte le 15 miliardi di azioni (a un prezzo di dieci centesimi l’una, per un esborso totale di 1,5 miliardi di euro) messe in vendita con l’aumento di capitale. Il Fondo diventa di fatto proprietario della Banca Popolare di Vicenza con il 99,33% delle quote.
Sul futuro pesano adesso incognite grosse come macigni. L’aumento di capitale e la quotazione in borsa erano i presupposti del salvataggio della BpVi, la cui mancata tempestiva attuazione – era scritto nel prospetto informativo imposto da Consob – “comporterebbe da parte della Banca centrale europea l’adozione di misure di vigilanza, incluso l’esercizio di poteri in materia di risanamento e risoluzione delle banche, come previsti dalla direttiva europea BRRD”. Ovvero quella che ha introdotto anche in Italia la possibilità del Bail in.
Un’ipotesi negata, due giorni fa, da Alessandro Penati, presidente del fondo Quaestio, detentore di Atlante: “Dopo la nostra operazione la struttura del debito è a rischio zero, siamo in grado di ristrutturare la Bpvi nel giro di 18 mesi”. Quanto al come, Penati aveva presentato alcune possibili alternative: “vendere la banca, fonderla, spezzettarla e poi, una volta ristrutturata, quotarla ad un prezzo più alto”.

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aldo
aldo
7 anni fa

Ora e’ finita

A.D.
A.D.
7 anni fa

Non capisco come mai Zonin ne faccia sempre parte,mi sa che qui ci prendono per i fondelli