Vertice tra Procure sull’inchiesta Banca Popolare di Vicenza. Il procuratore capo Giuseppe Nicolosi e il sostituto Laura Canovai si sono recati ieri nella città veneta per un aggiornamento sulle rispettive indagini. Presenti anche i magistrati della Procura di Catanzaro. Al centro del confronto, la qualificazione giuridica dei fatti e la procedibilità, legata alla competenza territoriale.
Ancora non sono state assunte decisioni, ma si va verso una riunificazione dei fascicoli a Vicenza, dove gli ex amministratori della Banca devono rispondere anche di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza.
Se alla Procura di Vicenza sono giunte ben 4000 denunce da parte di soci che hanno visto azzerato il valore delle azioni, a Prato si sono rivolti alla magistratura penale meno di venti persone. In un primo momento le ipotesi di reato contestate nella nostra provincia erano estorsione e truffa. Dopo l’acquisizione di nuovi elementi e la consulenza, affidata al commercialista Leonardo Poggiali, la Procura pratese ha indirizzato l’inchiesta verso l’ipotesi della truffa, che è perseguibile a querela di parte. Alcuni casi, nei quali l’accusa era scaturita d’ufficio per l’ipotesi di estorsione, potrebbero dunque essere archiviati.
Sono sedici i dipendenti della Banca Popolare di Vicenza indagati a Prato: nel mirino degli inquirenti sono finiti i metodi utilizzati per spingere piccoli imprenditori a comprare le azioni della Banca, pena la revoca o la mancata concessione degli affidamenti.
La posizione degli sportellisti pratesi potrebbe tuttavia alleggerirsi se trovasse conferma quanto emerge da numerose testimonianze e prove, quali mail interne provenienti dal top management: l’esistenza di direttive precise per collocare le azioni in maniera spregiudicata. Ma se da una parte si tentava di convincere con ogni mezzo i piccoli risparmiatori a comprare azioni dal valore artefatto, dall’altra si concedevano a soci “top”, possessori di grossi pacchetti fra cui anche alcuni pratesi, garanzie sulla restituzione delle quote, senza rispettare l’ordine con cui arrivavano le richieste da parte degli altri soci.