22 Febbraio 2017

Operaio morto nella costruzione della Coop al Parco Prato: chiesta la condanna per quattro imputati


Quattro richieste di condanna per omicidio colposo per la morte di Fabrizio Monte, l’operaio di 32 anni travolto nel giugno 2008 da una trave durante i lavori di costruzione del supermercato Coop al Parco Prato. L’uomo, dopo due mesi, avrebbe dovuto sposare la figlia del suo datore di lavoro, Eugenio Berti, e proprio per quest’ultimo, titolare della Trentino Legno incaricata di fissare le travi del supermercato, il pm Boscagli ha chiesto la pena più pesante: tre anni di reclusione. Due anni richiesti per Gianfranco Berti, che sarebbe diventato il cognato della vittima. Un anno e due mesi la pena richiesta per Nicola Lippi; un anno per Marco Fontanelli, entrambi rappresentati del Consorzio Etruria, committente delle opere di subappalto e chiamati in causa per la loro posizione di vigilanza.
Per due degli altri sette imputati – addetti al movimento della gru della ditta Lorenzini – il proscioglimento era già arrivato in sede di udienza preliminare, mentre per gli altri è stato chiesto dal pm al termine della requisitoria. Agli imputati vengono contestate, a vario titolo, presunte negligenze e mancati accorgimenti in materia di sicurezza sul lavoro che avrebbero potuto evitare la tragedia.

Fabrizio Monte si trovava assieme ad un collega su un cestello a dieci metri di altezza per controllare la posa di una trave pesante oltre una tonnellata. Qualcosa andò storto e la trave precipitò travolgendo l’operaio. Due le principali cause dell’incidente individuate dall’accusa: la prima ha a che fare con la fabbricazione della trave e l’avvitatura agli occhielli in acciaio; la seconda con la manovra utilizzata per il suo posizionamento. Quanto al primo aspetto, si è appurato che la filettatura che usciva dalla trave era ricoperta da della resina e per questo motivo cedette il collegamento al golfare, una sorta di occhiello, che serviva a sollevare il carico.
Fatale si è poi rivelata la traiettoria utilizzata per issare la trave sulla capriata in costruzione: una traiettoria che non avrebbe dovuto sorvolare i due operanti, secondo quanto indicato anche nel piano operativo di sicurezza, una disposizione che purtroppo non fu rispettata.
Nell’udienza di oggi, l’avvocato Luciano De Luca, nel chiedere l’assoluzione di Eugenio Berti, ha negato che le responsabilità connesse alla manovra del gruista possano essere imputate al suo assistito, viste anche le previsioni del piano di sicurezza. Quanto all’avvitatura dell’occhiello alla trave, il legale ha richiamato le testimonianze degli operai che hanno eseguito l’operazione contestando anche in questo caso l’attribuzione in termini soggettivi delle responsabilità al Berti. L’avvocato ha inoltre sottolineato gli elevati standard di sicurezza del cantiere (“che il sistema di sollevamento fosse sicuro – ha detto – lo dimostra il fatto che per nessuna delle altre 220 travi posizionate si fossero riscontrate falle”) e ha rimarcato la componente umana della tragedia. L’imputato, che nella disgrazia ha perso una persona cara, il futuro genero, ha risarcito le parti civili.

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