18 Marzo 2017

Costretto a fuggire dal proprio paese perché cristiano. Frank racconta la sua storia di richiedente asilo alla veglia in ricordo dei «Crocifissi della storia» VIDEO


«Quando ho deciso di diventare cristiano, dopo essermi battezzato ed aver preso la comunione, ho capito che non sarei potuto più rimanere lì». A parlare è Frank, un uomo di trentadue anni costretto a fuggire dal proprio paese, il Benin, a causa delle persecuzioni religiose, arrivato in Italia un anno e mezzo fa ed ora è un richiedente asilo. «È arrivato poi un momento in cui qualcuno ha perso la propria vita a causa mia e allora mi sono detto che non potevo tornare indietro, non potevo lasciare la religione cattolica che avevo abbracciato e così ho deciso di fuggire. -continua Frank-  Ho vissuto tante cose nel mio paese e in quelli che ho attraversato, e se sono qui ora a parlare è perché Dio ha voluto che io fossi qui; molti hanno perso la loro vita e non possono essere qua oggi».

La sua testimonianza è stata raccolta in occasione della veglia «Crocifissi della storia» promossa dall’ Ufficio missionario diocesano insieme a Caritas e Migrantes, in memoria di monsignor Oscar Romero, vescovo di San Salvador assassinato nel 1980 mentre stava celebrando messa. Frank e Alexandre, un altro ragazzo richiedente asilo proveniente dal Camerun, hanno avuto occasione di raccontare la loro storia travagliata e soprattutto la sofferenza del viaggio che hanno dovuto affrontare, prima dai rispettivi paesi per arrivare in Libia e poi nella drammatica traversata del Mediterraneo a bordo di un barcone, uno dei tanti che anche in questi giorni stanno approdando presso le nostre coste e che  troppo spesso finiscono nei titoli di giornale in seguito alle tragedie in mare.

 

 

«Quest’anno abbiamo deciso di unire il ricordo di tutte queste persone che perdono la vita durante l’esercizio della loro attività missionaria – sottolinea Eleonora Fracasso, responsabile dell’Ufficio Missionario – insieme a chi invece la vita la perde, la dona, perché subisce un’ingiustizia». Ai piedi dell’altare della chiesa di San Paolo, dove si è tenuta la veglia, è stata posta una barca di legno, a rappresentare simbolicamente le sofferenze che spesso i profughi sono costretti a subire, nella speranza di cambiare vita.

Mattia Vignolini

 

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