19 Febbraio 2018

Morì dopo un volo di sette metri mentre stava lavorando sul tetto di un capannone: assolti i proprietari dell’immobile


Nessuna prova del contatto con la vittima, né elementi che possano dimostrare l’effettivo affidamento del lavoro di manutenzione sul tetto, divenuto poi fatale. Queste le motivazioni pronunciate, stamani, dal giudice Angela Fedelino e che hanno permesso di assolvere i proprietari italiani di un capannone di via Udine, a Montemurlo, dove nel tardo pomeriggio del 31 marzo 2011 morì l’operaio italiano Francesco Apostolico.

L’uomo, libero professionista, stava riparando – in compagnia di un collega – alcune infiltrazioni sul tetto di un capannone adiacente, quando cadde sfondando il lucernario della struttura e facendo un volo di almeno sette metri. Un salto nel vuoto che, complice l’assenza di protezioni e imbracature, risultò fatale: l’operaio morì sul colpo.

Il capannone, intestato ad una società immobiliare condotta da italiani, era all’epoca affittato ad un cittadino cinese che, sentito in qualità di testimone, si era dichiarato da subito estraneo ai fatti. Gli attrezzi dell’operaio furono rinvenuti al piano terra del capannone adiacente e in parte sulla porzione di tetto confinante con la ditta dove poi è avvenuto il crollo. L’ipotesi è che l’intervento iniziale, regolarmente concluso, sia poi sfociato in tragedia, forse per un sopralluogo finito male.

Il processo a carico della società immobiliare ha sgomberato adesso il campo dai dubbi: i proprietari italiani, accusati di omicidio colposo aggravato dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, e assistiti dai legali Michele Nigro e Alberto Rocca, sono stati dunque assolti.

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