24 Aprile 2018

Appartamenti di pregio concessi in affitto a prezzi stracciati, assolte dipendenti della Soprintendenza: “Norme incerte e contraddittorie”


L’ex soprintendente ai beni architettonici e artistici della Toscana Alessandra Marino e la funzionaria della soprintendenza Fulvia Zeuli sono state assolte dalla Corte dei Conti dall’accusa di danno erariale per non aver rideterminato i canoni di affitto di 70 appartamenti dello Stato concessi a propri dipendenti – in servizio o in pensione – ed a loro familiari a prezzi di gran lunga inferiori rispetto a quelli del libero mercato.
Per questo la Procura della Corte dei Conti, a seguito delle indagini della Guardia di Finanza, aveva contestato ai due architetti un danno erariale di quasi 3 milioni di euro. Gli immobili in consegna alla Sovrintendenza, poi concessi in affitto a prezzi stracciati, sono situati in luoghi di alto pregio e fanno parte di complessi tutelati. Fra questi ci sono anche le scuderie nuove e il torrino della Foresteria della Villa medicea di Poggio a Caiano, oltre ad appartamenti a Palazzo Pitti-Giardino di Boboli, e nelle ville medicee della Petraia e di Castello.
In uno degli esempi riportati dalla Finanza, risultava che per un alloggio di circa 130 metri quadri, in piazza Pitti, veniva corrisposto un canone mensile di appena 335 euro a fronte di un valore minimo di mercato di 1.700 euro mensili.

La Corte dei Conti ha assolto Alessandra Marino e Fulvia Zeuli per assenza di colpa grave. I giudici contabili, nella sentenza, hanno ricostruito il complesso e farraginoso intreccio di leggi, regolamenti, pareri dell’Avvocatura di Stato, circolari ministeriali, Patti territoriali che sono intervenuti, con diverse modifiche nel tempo, a regolamentare la concessione dei beni. Sullo sfondo, due diversi interessi: quello di valorizzazione economica, di cui si è fatta a promotrice l’Agenzia del Demanio, e l’esigenza di tutela e salvaguardia del patrimonio artistico, cui è tenuta la Soprintendenza. Lo stesso ispettore del Ministero dei Beni culturali, che nel 2010 evidenziò il mancato aggiornamento dei canoni di affitto e l’irregolare assegnazione degli alloggi demaniali a dipendenti pubblici in pensione o a loro eredi, da una parte evidenziò una disparità di trattamento evidentissima con i prezzi di mercato applicati per abitazioni simili dall’Agenzia del Demanio, ma dall’altra parte definì “apprezzabile l’intenzione della Sovrintendenza di agevolare l’assegnazione delle abitazioni al personale dell’Amministrazione al fine di evitare la loro immissione sul libero mercato delle concessioni, in quanto ciò comporterebbe l’ingresso di estranei nei compendi museali, considerato di grave rischio”.

Nella sentenza, i giudici della Corte dei Conti hanno riconosciuto che l’operato di Marino e Zeuli “si colloca in un contesto di un quadro normativo incerto e, a tratti, contraddittorio; pareri (anche se resi ex post) non univoci; input provenienti dall’Amministrazione centrale in senso “attendista”. La fruizione di beni di particolare rilevanza e delicatezza quali quelli in esame richiederebbe – scrivono ancora i giudici contabili – l’ancoraggio a parametri, normativi e non, certi e trasparenti; al contrario, nella situazione oggetto della fattispecie, la stratificazione nel tempo di normative diverse, la carenza di strumenti ed indicatori che suggerissero in modo inequivoco una più consona fruizione dei beni, il regime di forti limitazioni cui gli stessi erano sottoposti hanno evidentemente indotto alle scelte descritte che, pur non concretando la migliore delle soluzioni possibili, non possono, ad avviso del Collegio, essere censurate di grave colpevolezza”.

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