22 Giugno 2018

Abusi sessuali sulla figlia della ex convivente: la Cassazione dice no alla riduzione della pena da 9 a 5 anni


La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Procura generale di Firenze contro la sentenza della Corte d’appello che il 28 luglio 2015 aveva ridotto da 9 a 5 anni la condanna per un uomo, riconosciuto colpevole nel dicembre 2012 dal Tribunale di Prato di abusi sessuali sulla figlia della ex convivente. Per la Corte, infatti, ci fu “la reiterazione nel tempo delle condotte abusanti nei confronti della minore, nonché la stessa peculiare qualità personale dell’imputato”, e anche il fatto, evidenziato in un altro passaggio della sentenza, che “le sono state sottratti gli anni della più totale spensieratezza”. Cose che “rendono inapplicabile l’ipotesi di minore gravità”.
Viene così annullata, ma limitatamente a questa circostanza, la sentenza della corte fiorentina: spetterà ora ad un’altra sezione della stessa Corte d’appello il compito di ricalcolare la pena. Il processo comunque si avvicina a una conclusione, anche perché, secondo la Cassazione, è ormai “definitivo l’accertamento della responsabilità dell’imputato”.

Inoltre, aggiungono i giudici della Suprema Corte, sono condivisibili le motivazioni addotte dal pg, secondo il quale “non potevano non essere considerate le gravi ricadute della condotta sul rapporto tra la bambina e la madre, all’epoca convivente dell’imputato”. I giudici della Cassazione hanno infatti respinto tutti i  ricorsi della difesa, che aveva messo in dubbio la veridicità della testimonianza della minore, sostenendo tra l’altro che questa avesse inteso compiacere i suoi interlocutori o fosse stata da questi in qualche modo condizionata. “Il provvedimento impugnato, nonché la stessa sentenza di primo grado, hanno adeguatamente escluso la non veridicità della bambina” che “era perfettamente in grado di distinguere la realtà dalla fantasia”, affermano.

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