19 Ottobre 2018

Oste, obbligo di firma per le imprenditrici sfruttatrici recidive. Brezzo (Cgil): “Contestare il reato di caporalato”


Arresto convalidato, ma liberate in attesa del processo e sottoposte a obbligo di firma e divieto di espatrio le due donne finite ieri in manette a seguito di un controllo dei carabinieri nei confronti di una stireria e confezione cinese di Oste. Accusate di sfruttamento della manodopera clandestina aggravata sono una 50enne cinese e una pakistana, quest’ultima ritenuta prestanome della nuova società, operante nello stesso capannone, aperta dopo un primo blitz interforze che a fine settembre aveva riscontrato la presenza di 20 operai privi di contratto, cinesi, pakistani, nigeriani e ghanesi, pagati con uno stipendio da fame di 3 euro l’ora, senza tutela alcuna. Oltre ad una multa di 50.000 euro, scattò la sospensione dell’attività, ma poche settimane dopo, il lavoro è ricominciato tale e quale, da parte di una nuova società – gestita tramite un prestanome – che aveva ingaggiato nuovi immigrati da sfruttare.
I militari della Tenenza di Montemurlo, insieme ai colleghi dell’ispettorato del lavoro di Prato, hanno ispezionato nuovamente la ditta di confezioni, trovando al lavoro 17 operai di cui 7 irregolari, tutti di origine africana. L’attività è stata sospesa nuovamente ed è scattata un’altra multa da 25 mila euro; nonostante i carabinieri abbiano ravvisato “sfruttamento con condizioni lavorative disumane e minacce”, al momento non è scattata la contestazione del nuovo 603 bis, reato di caporalato, che come spiegato in un convegno ieri in occasione della giornata anti-tratta, da due anni permette di perseguire anche il datore di lavoro che si approfitta dello stato di bisogno del lavoratore (leggi l’articolo).
Dopo questo episodio torna a chiedere l’applicazione della nuova previsione di legge e controlli più stringenti, il segretario della Filctem pratese Massimiliano Brezzo: “Il secondo blitz nella stireria illegale di Oste pone a tutti delle domande – dichiara Brezzo – Come è stato possibile che una azienda fermata 20 giorni fa, con 20 dipendenti, tutti senza contratto, dove era evidente lo sfruttamento lavorativo, confermato dai dipendenti per paghe e orari, e che era stata sanzionata per 50000 euro, sia potuta ripartire il giorno stesso?”
“A quanto pare, è bastato che una delle operaie senza contratto diventasse prestanome e tutto è potuto ricominciare come prima, magari anche con gli stessi dipendenti. Questo ha prodotto il secondo blitz di ieri, che stavolta ha visto l’arresto della titolare e della prestanome. Ciò evidenzia un grosso passo avanti nella capacità di controllo e un grosso sforzo da parte delle forze dell’ordine che hanno dovuto fare due volte lo stesso lavoro”
“Le domande sono: – continua Brezzo- si poteva evitare di fare lo stesso lavoro due volte? E ancora: serviranno un terzo blitz, e poi forse un quarto, fino a quando si troveranno possibili prestanome disposti?”
“Non abbiamo le risposte. – prosegue il sindacalista- Sappiamo però che se i committenti della stireria si fossero visti contestare dall’Inps i contributi non pagati dei 20 operai senza contratto, quella stireria non sarebbe ripartita semplicemente per mancanza di lavoro, salvo regolarizzare i dipendenti, invece del titolare-prestanome. E se fosse stata applicata da subito la legge sul caporalato forse si sarebbero regolarizzate anche altre aziende che avrebbero capito che è meglio mettersi in regola piuttosto che trovare il modo di aggirare le leggi per continuare a lavorare nell’illegalità. Noi pensiamo -conclude Brezzo- che il “pulmino” da noi proposto (per andare a Roma a chiedere misure più efficaci al Governo, ndr), e che per la Filctem ha già la chiave nel quadro, dovrebbe essere messo in moto.”

Foto di archivio

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