27 Maggio 2019

Religioni, dialogo sotto il segno di Francesco con lo storico Franco Cardini


Singolare occasione di dialogo tra le grandi religioni sotto il segno di Francesco d’Assisi che nel 1219, compiendo un gesto profetico, incontrò il Sultano d’Egitto, Malik al Kamil, durante la quinta crociata. L’iniziativa, dal titolo Francesco e l’Islam – L’incontro con il Sultano d’Egitto, è promossa dal Lions Club Prato Datini e si tiene martedì 28 maggio, alle 19.30, nella Chiesa di San Francesco. A coordinare la serata di dialogo per la pace la presidente del club, Maria Rosaria Di Troia. Partecipano lo storico Franco Cardini, l’imam di Firenze, Izzedin Elzir, il rabbino capo, Amedeo Spagnoletto e il monaco della Chiesa di Prato, padre Guidalberto Bormolini. L’attore Gabriele Tozzi reciterà il Cantico delle Creature nel volgare originale, mentre don Marco Pratesi eseguirà alcune musiche di Zipoli.
Nel programma dell’iniziativa c’è anche il concerto Un coro per la pace che si svolgerà sabato 1 giugno, sempre alle 19,30, in Cattedrale. Partecipano il Coro della Madonna dell’Ulivo, quello di San Francesco, La luce degli angeli e il trio Le dolci note.

L’incontro tra Francesco e il Sultano è tornato attuale in occasione della visita di papa Francesco ad Abu Dhabi, avvenuta proprio a ottocento anni di distanza. L’impegno del Lions Datini nasce in questo contesto di riflessione storica e spirituale. Il club, tra l’altro, ha già promosso una serie di incontri su Federico II, personaggio che sicuramente conobbe sia Francesco che il Sultano d’Egitto con il quale, dieci anni dopo l’incontro con il Poverello d’Assisi, riuscì addirittura a stringere un patto di pace.

“Sappiamo che Francesco venne ammesso alla presenza del gran signore musulmano – ha scritto lo storico Franco Cardini a proposito dell’incontro – Il quale, come la legge del Profeta prescriveva, non avrebbe mai potuto negare udienza a un uomo di Dio che si fosse presentato al suo cospetto. E Francesco era tale: a testimoniarlo era la sua veste: un povero saio di lana non tinta, pieno di toppe e di strappi rammendati e provvisto di un cappuccio Tale indumento, in arabo, si chiama suf: chiunque lo indossi è appunto un uomo che a Dio e alla preghiera si è consacrato. Un sufi. Quanto il sultano e il sufi cristiano si siano intrattenuti a colloquio e che cosa si siano detti, non lo sapremo mai. Le testimonianze sono varie e concordano solo sul fatto che il gran signore rinviò sano e salvo il povero frate dopo avergli offerto alcuni doni”.

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