26 Maggio 2020

Caporalato nel settore edile, 11 arresti e due aziende nel mirino degli investigatori: contestata l’associazione per delinquere VIDEO


Operai reclutati quotidianamente in viale Ferraris, fatti salire su auto e pulmini e portati a lavorare in condizioni di sfruttamento in oltre 30 cantieri, nelle province di Prato, Firenze e Pistoia, ma anche fuori Toscana. È un ampio giro di caporalato quello contestato dalla Procura di Prato a due aziende edili pratesi, nell’ambito dell’operazione Cemento Nero, condotta dalla Squadra mobile di Firenze, in collaborazione con la Squadra mobile di Prato e Pistoia.

Undici le ordinanze di custodia cautelare in carcere disposte dal gip; dieci persone sono state arrestate, mentre una misura non è stata eseguita per l’irreperibilità del destinatario, che si trova all’estero. Agli indagati è contestata l’associazione a delinquere per una serie di reati, fra cui caporalato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro. Tre soggetti sono ritenuti i promotori dell’associazione; si tratta degli imprenditori che guidavano le due imprese coinvolte nell’indagine: Vincenzo Marchio, 45enne originario di Crotone, legale rappresentante della Eurocostruzioni 75 Srl , e due fratelli egiziani: Sabri e Said Ahmed Eid, rispettivamente 39 e 41 anni, succedutisi alla guida della ditta Novaedil Srl. Le indagini hanno ricostruito un periodo di circa due anni di attività delle aziende. Un periodo nel corso del quale sarebbero stati una sessantina, su una forza lavoro complessiva di oltre 100 persone, gli operai senza contratto vittime delle condizioni di sfruttamento, di cui 15 clandestini sul territorio nazionale. Fra gli operai sfruttati ci sono uomini di varia nazionalità: pakistani, egiziani, rumeni, albanesi, ma anche italiani. L’inchiesta ha preso le mosse dalla denuncia del sindacato Fillea Cgil di Firenze, a cui una delle vittime si era rivolto, esponendo di non essere stato pagato. Dalla sua testimonianza, ha iniziato ad incrinarsi il “muro di omertà” – così lo ha definito il procuratore Giuseppe Nicolosi – alimentato dal sopruso e dalla consapevolezza di poter contare su un’ampia manodopera disposta a rinunciare ai propri diritti, pur di lavorare.

Sotto, il video dell’operazione “Cemento Nero”

Le condizioni di impiego degli operai a nero erano critiche: turni fino a 12 ore al giorno, nessun risposo, ferie e contributi negati; il tutto per una paga di 5-6 euro l’ora, versati in contanti o con accredito sulle poste pay. In alcuni casi, se agli operai era messo a disposizione l’alloggio (alcuni vivevano in una casa a Quarrata) parte dello stipendio veniva trattenuto. Secondo le indagini della polizia una parte di manovali e muratori venivano assunti totalmente ‘a nero’, mentre altri venivano assunti con contratti per un orario inferiore al lavoro effettivamente svolto
Ai tre promotori dell’associazione, si affiancavano tre cittadini magrebini, incaricati della gestione, del trasporto e del controllo degli operai. Il ruolo di reclutatori era invece assunto da altri cinque cittadini stranieri, anch’essi a loro volta operai. La Procura ha chiesto e ottenuto il sequestro di alcuni veicoli intestati alle società, per un valore complessivo di circa 70 mila euro.
Tra gli indagati nell’inchiesta figurano anche due professionisti, i quali dovranno rispondere di falso per aver attestato che alcuni operai avevano partecipato a dei corsi di formazione, corsi in realtà mai frequentati.

 

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