3 Novembre 2020

“Le opere di Palazzo degli Alberti devono restare a Prato”: il Tar respinge il ricorso di Bpvi


Il vincolo sulla Galleria di Palazzo degli Alberti apposto dal Ministero dei Beni culturali è legittimo e nessun indennizzo è dovuto a Banca Popolare di Vicenza in liquidazione, proprietaria delle opere. Lo ha dichiarato il TAR della Toscana respingendo il ricorso di Bpvi e dando ragione all’Associazione pratese Amici dei Musei, rappresentata in giudizio dall’avvocato Mauro Giovannelli, e alla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, che assieme al Comune di Prato si erano costituiti nel procedimento amministrativo. I giudici del TAR hanno respinto tutte le motivazioni addotte nel ricorso: i 142 dipinti e sculture che fanno parte della collezione, come riconosciuto dalla Sovrintendenza prima e dal Ministero dei Beni culturali poi, hanno un “legame identitario nei confronti del territorio pratese e toscano”, e “costituiscono un punto di riferimento della comunità”.
Devono essere dunque mantenuti il valore identitario della collezione, e il vincolo con Palazzo degli Alberti, stante il “prolungato rapporto tra l’insieme delle opere in questione e l’edificio”. Così decidendo, il tribunale ha decretato il legame indissolubile tra i beni della Collezione ed il Palazzo dei Conti Alberti e, quindi, di fatto, con quello della città di Prato.

Per riportare in città le opere, un terzo delle quali, fra cui la mirabile Crocifissione di Giovanni Bellini, furono smembrate negli anni Duemila dall’allora presidente di Banca Popolare di Vicenza Gianni Zonin, si é creata in città un’ampia “coalizione” di soggetti e istituzioni. La battaglia per far tornare stabilmente la collezione a Prato nacque grazie alla campagna di informazione del settimanale Toscana Oggi, rilanciata con forza da Tv Prato.
Nella sua sentenza, il Tar ricostruisce tutta la storia della collezione: i beni furono acquistati dalla Cassa di Risparmio di Prato, quando (prima del 1990) era un ente pubblico. “Essa, infatti – scrivono i giudici amministrativi – acquistò nel tempo le varie opere, le quali, entrando a far parte del patrimonio di un ente pubblico, hanno assunto la qualificazione di beni dichiarati di interesse storico e culturale ex lege (…). La successiva ‘privatizzazione’ della Cassa di Risparmio non ha inciso sul regime di tutela ex lege ab origine dei beni, derivante dall’essere il soggetto acquirente in ente pubblico”. Sono dunque infondate tutte le richieste della Bpvi in liquidazione, secondo la quale il preteso mecenatismo a cui si deve la nascita della collezione era in realtà un semplice “investimento in beni rifugio” da parte della Banca. I legali dell’attuale istituto in liquidazione hanno teso a sminuire la fruizione al pubblico negli anni passati, argomentando che il “Palazzo è chiuso al pubblico dal 2013, mentre negli anni precedenti accoglieva ristetti gruppi di visitatori su appuntamento (non più di 1.000 l’anno)”.
“L’interruzione, nel 2013, delle visite al pubblico (dopo decenni di pubblica fruizione) e lo smembramento della collezione per un terzo – hanno ribattuto i giudici nella sentenza – costituiscono circostanze contingenti che non valgono a fare venire meno il valore identitario della collezione, formatosi per effetto della natura delle opere in questione e del ruolo della Galleria con i suoi beni maturato in decenni, a partire dagli anni a Ottanta”.
Il TAR ha anche respinto la tesi che non sia possibile – per motivi logistici ed economici – ripristinare l’allestimento delle opere a Palazzo degli Alberti.
L’edificio, nel giugno 2017, è stato acquistato da Intesa San Paolo, “che nel novembre 2019 – ricordano i giudici – ha ottenuto l’autorizzazione ad eseguirvi lavori di adeguamento funzionali alla collocazione delle opere in questione”. Banca Intesa San Paolo, che peraltro, ha accettato l’apposizione del vincolo pertinenziale su Palazzo degli Alberti.

Altro punto fermo messo dai giudici nella contesa legale riguarda il Crocifisso con cimitero ebraico di Giovanni Bellini (nella foto, uno dei pezzi forti della collezione assieme alla Madonna con bambino di Filippo Lippi, alla Coronazione di spine di Caravaggio e alle sculture di Lorenzo Bartolini), che fu acquistato nel 1983 dalla Cassa di Risparmio di Prato per 3 miliardi di lire. Sul dipinto, portato a Palazzo Thiene di Vicenza da Zonin, pendeva una sospensiva. Ma il Ministero dei Beni Culturali, con decreto del marzo scorso, ha attestato lo scioglimento della revoca della pertinenza istituita in passato tra il dipinto e Palazzo Thiene, scioglimento disposto dalla stessa Commissione regionale per il patrimonio culturale del Veneto.

La sentenza del Tar è appellabile al Consiglio di Stato, ma nel dispositivo sono citate già alcune pronunce simili proprio dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato, che potrebbero scoraggiare nuove azioni legali. Quanto alla proprietà delle opere – il cui valore è stimato in circa 60 milioni di euro (la sentenza potrebbe però portare ad un abbassamento delle quotazioni) – lo Stato potrebbe esercitare un diritto di prelazione per rilevarle dalla BpVi in liquidazione, che dal canto suo ha l’obiettivo di trarne il maggior profitto.
“Qualora il Ministero non esercitasse la prelazione, senza dubbio ci sarebbe una riflessione seria e concreta da parte nostra” dichiarò nel settembre 2018 Michele Coppola, direttore centrale arte, cultura e beni storici di Banca Intesa, che proprio due anni fa promosse la riapertura straordinaria della Galleria degli Alberti in occasione della festa della città. Per pochi giorni, fu esposta una selezione di 9 dipinti e due sculture facenti parte della collezione. Eccezionale la risposta dei pratesi, che si misero in fila per ammirare capolavori rimasti nascosti per troppi anni.

“Eravamo convinti, come Amministrazione, che questo fosse l’esito più naturale perchè quei quadri, quella collezione, appartengono alla comunità di Prato e adesso lo ha stabilito anche il tribunale”. Queste le parole di oggi del sindaco Matteo Biffoni e dell’assessore alla cultura Simone Mangani. “Il prossimo passaggio – proseguono – è rendere fruibili questi straordinari capolavori ai nostri cittadini e ai tanti che vorranno venire a vederli”.

“È una vittoria di tutti, ottenuta impegnandoci insieme – sottolinea il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato Franco Bini – siamo particolarmente soddisfatti di questo risultato al pari di tutti gli altri soggetti istituzionali e privati che si sono adoperati, non solo in ambito giudiziario, per la tutela di questo importante patrimonio. L’impegno della Fondazione resta alto – prosegue Bini – la battaglia per la difesa di questi beni va avanti, ancora insieme dobbiamo individuare un percorso per contribuire alla loro valorizzazione nell’interesse di tutti”.

La battaglia legale

Va ricordato che un’intesa promossa nel 2017 dalla Fondazione Cassa di Risparmio, dal Comune di Prato, e da Confindustria Toscana Nord con la BpVi – che sarebbe stata poi commissariata – ha contribuito a riportare a Prato tutte le preziose opere che la banca aveva trasferito.  Per difendere l’appartenenza della Galleria alla Città di Prato la Fondazione Cassa si è unita al ministero dei Beni culturali, al Comune, e all’Associazione Amici dei Musei richiedendo il riconoscimento del vincolo di territorialità e di indivisibilità della collezione.  Una decisa risposta alla causa promossa innanzi al Tar Toscana nel 2017 dalla Banca Popolare di Vicenza, già in liquidazione, che aveva impugnato il provvedimento del ministero dei Beni e delle Attività Culturali con cui il Palazzo dei Conti Alberti e i beni della Galleria erano dichiarati di interesse particolarmente importante sulla base del  Codice dei beni culturali  e quindi non separabili dal loro territorio. La Popolare di Vicenza aveva portato in giudizio al Tar – oltre allo stesso ministero – anche il Comune di Prato e la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e le Province di Prato e Firenze.   A questo punto, per contrastare le richieste inaccettabili, è intervenuta volontariamente anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, difesa dall’avvocato Neri Baldi.

Con la sentenza di ieri il TAR Toscana ha riconosciuto l’indiscutibile vocazione pubblica delle opere artistiche in esame in quanto acquistate dalla Cassa di Risparmio di Prato quando era un ente pubblico: l’acquisto rispondeva a scopi di interesse di tutta la collettività, e ne derivava – in virtù della Legge allora vigente per i beni storico artistici – che quelle opere erano automaticamente sotto tutela. Inoltre la pregressa appartenenza congiunta delle opere e del Palazzo alla Cassa di Risparmio di Prato e la consolidata destinazione di spazi dell’immobile alla collocazione della collezione hanno motivato il riconoscimento del vincolo pertinenziale.

Dario Zona

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