Lunedì 26 maggio l'inaugurazione al Museo di Figline con una presentazione performativa e teatrale. L'iniziativa è frutto di un attento lavoro di preparazione e di conoscenza di quanto è accaduto ottanta anni fa durante la seconda guerra mondiale
Hanno affrontato un lungo e attento lavoro di preparazione, iniziato a settembre 2024, per progettare un percorso artistico che dialoga con la sala espositiva del museo dove saranno esposte le loro opere. E il giorno dell’inaugurazione offriranno una visita dinamica, una sorta di presentazione performativa e teatrale, che accompagnerà i visitatori attraverso il linguaggio dell’arte in un percorso immersivo con suoni e immagini. Sono le studentesse e gli studenti della scuola secondaria di primo grado Salvemini-La Pira di Montemurlo, protagonisti della mostra che si apre lunedì 26 maggio alle 17 al Museo della Deportazione e Resistenza di Prato dal titolo “Frammenti a ritmo di memoria”. Partecipano Enrico Iozzelli per il Museo della Deportazione, l’assessora del Comune di Prato Chiara Bartalini, il vicesindaco Alberto Vignoli e l’assessora del Comune di Montemurlo Valentina Vespi e Flora Leoni per Aned Prato.
La mostra è frutto di un progetto didattico realizzato dal Museo della Deportazione con il Comune di Montemurlo e la scuola secondaria di primo grado Salvemini la Pira. L’allestimento è affidato ad alcuni studenti della stessa scuola, che fanno parte del gruppo di potenziamento di “Arte e Immagine” coordinato dai professori Tommaso Cocchi e Massimiliano Turco.
“Un percorso di conoscenza, riflessione e rielaborazione artistica della memoria della deportazione che assume ancora maggior valore perché a proporlo sono gli studenti – aggiunge l’assessore alle politiche della Memoria Valentina Vespi – Un’esperienza che li ha portati prima a conoscere Alessandra Martini e poi a visitare il Museo della Deportazione con il suo carico di storie e testimonianze”. “Abbiamo iniziato con alcuni incontri a scuola a cura di un nostro esperto e di Alessandra Martini, figlia dell’ex deportato a Mauthausen Marcello Martini – spiega Enrico Iozzelli – Poi il gruppo di curatori e curatrici è venuto al museo per progettare elaborati e allestimento”.
La mostra si sviluppa su cinque piani espressivi con l’obiettivo di unire le tematiche legate alla storia e alla memoria della deportazione che più hanno coinvolto i giovani artisti. Anzitutto il tempo, raffigurato con degli indumenti marchiati, segnati dal ricordo lasciato dai simboli che li ricoprono. Poi la memoria, resa visibile attraverso segni grafici confusi e spezzati, come scarabocchi, a sottolinearne la fragilità. Le persone disumanizzate nei kz, ritrovano forma concreta in volti mossi e drammatici, feriti e dolenti e i legami vengono raccontati con le mani, per rappresentare i rapporti tra le persone, che nei lager sono spesso spezzati e corrotti, ma possono anche rinsaldarsi e trovare forza nella solidarietà di un aiuto inaspettato. Infine, le ferite, rappresentate in forma materica con tessuti consumati e strappati e solo a volte ricuciti.
L’allestimento rimane al museo fino al 26 luglio. Prima di allora, sempre in luglio, verrà organizzata un’altra visita guidata condotta dagli stessi ragazzi, che sono indispensabili per fruirla così come è stata pensata.