13 Maggio 2025

Il Tar dà ragione alla famiglia di Federico Zini, via libera alla Fondazione

Respinte le posizioni di Regione Toscana e Comune di Pisa, ma la Fondazione non sarà intitolarla all'omicida di Elisa Amato. La sorella della vittima: "Decisione che fa male. Mai ricevuto un messaggio di scuse"

Il Tar della Toscana ha dato il via libera alla creazione di una fondazione voluta dalla famiglia di Federico Zini che nel 2018 uccise a Prato l’ex fidanzata Elisa Amato e poi si suicidò.
In particolare il Tar ha accolto il ricorso del padre di Zini contro la Regione Toscana che non aveva autorizzato l’iscrizione della fondazione nel registro unico nazionale del Terzo settore (Runts).
Una prima opposizione c’era stata nel 2019 quando la Regione Toscana prese atto dell’unanime avversione delle comunità toscane alla decisione, presa peraltro senza coinvolgere la famiglia di Elisa Amato, di intitolare una fondazione all’autore dell’omicidio della ex compagna. Peraltro in origine la Fondazione Federico Zini si proponeva, oltre a portare avanti attività benefiche sostenute da Federico prima della tragedia, anche di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche legate alla violenza di genere.
La famiglia di Federico Zini ha però proseguito nel proprio intento cambiando la denominazione della fondazione, allargando rispetto al precedente statuto il ventaglio di scopi e attività e il numero dei componenti del consiglio di amministrazione. Da qui era scaturita una nuova richiesta di iscrizione al Runts, che secondo i giudici del Tar è stata respinta illegittimamente dalla Regione Toscana, che si è limitata ad acquisire un parere negativo del Comune di Pisa e a reiterare le motivazioni addotte al primo diniego. Nel frattempo, però come detto, erano intervenuti nuovi elementi che hanno spinto il Tar a ritenere legittima la costituzione della nuova Fondazione. La Regione Toscana e il Comune di Pisa sono stati così condannati anche al pagamento delle spese legali fissate in 3.000 euro.
Critica per la decisione del Tar la famiglia di Elisa Amato: “Ho fatto della battaglia contro la violenza sulle donne una ragione di vita, da quando mia sorella è stata uccisa. Sentire adesso che la famiglia dell’omicida può creare una fondazione dedicata al figlio mi fa male” afferma Elena Amato. “Non è colpa loro per quello che è accaduto a mia sorella – dice ancora Elena Amato all’Ansa -, però non abbiamo mai ricevuto un messaggio di scuse, se non per vie traverse. Non ci hanno mai contattato, magari, per fare qualcosa insieme, per intitolare qualcosa a mia sorella. Si tende sempre a vittimizzare gli assassini e a colpevolizzare le vittime. So che anche l’altra famiglia sta soffrendo, ma questi non possono essere i termini con cui affrontare certi temi”.