9 Gennaio 2015

Archivio di Stato, la direttrice lascia e fa un appello: “Manca il personale, dateci gli ex dipendenti della Provincia” VIDEO


Dopo cinque anni sta per lasciare l’Archivio di Stato di Prato e lo fa con un brutto presentimento: «Siamo sotto organico e dovremo limitare al massimo le aperture». Raffaella de Gramatica, direttrice dell’ente ministeriale dedicato alla conservazione del patrimonio archivistico e documentario con sede a Palazzo Datini, ha rilasciato una intervista pubblicata nell’ultimo numero di Toscana Oggi. Ha chiesto il trasferimento a Siena e a breve lascerà l’incarico pratese. Lo fa con grande amarezza perché è molto in pensiero per il futuro dell’Archivio che custodisce un bene preziosissimo: il fondo Datini, costituito da libri contabili e carteggi datati 1361-1411. «Per consultarlo vengono studiosi da tutto il mondo», dice la de Gramatica, «dalla Germania, Francia, dalla Russia e addirittura lo scorso anno due giapponesi si sono trasferiti a Prato perché stanno compiendo studi approfonditi su Datini». Lo scorso anno i visitatori sono stati quasi 1200, un quarto stranieri e il numero degli iscritti al registro per accedere alla sala studio aumentano di anno in anno.

L’Archivio si trova dal 1957 in pieno centro, in via ser Lapo Mazzei, nel palazzo che fu del più celebre tra i mercanti pratesi, al suo interno ci sono tre chilometri di scaffalature, «non sono tantissime – ammette la Direttrice – a Firenze sono 150 km, ma l’importanza del nostro patrimonio è altissima». Non solo Datini, qui c’è l’archivio del Comune di Prato contenente atti che vanno dal 1234 fino al 1865, ma anche tutti i documenti dell’ospedale Misericordia e Dolce dalla fine del Duecento alla metà Ventesimo secolo e quelli dei conventi pratesi come San Clemente e San Vincenzo. Non c’è solo la storia «istituzionale» di Prato, ma anche quella delle persone, delle più importanti famiglie della città che nel corso dei secoli hanno donato i propri archivi, qui si trovano i fondi dei Vai, Buonamici, Zarini, Salvi Cristiani e anche, tra le ultime donazioni, le carte del senatore Guido Bisori. Oltre agli studiosi, da Palazzo Datini passano anche semplici cittadini curiosi di scoprire le origini familiari oppure bisognosi di rintracciare antichi legati testamentari, l’Archivio possiede anche tutte le successioni dal 1862 al 1972.

Per usufruire di questo «tesoro» però occorrono funzionari, personale esperto e qualificato che accompagni gli utenti nella ricerca, che sappia dove trovare i documenti richiesti e che vigili sulla consultazione. «Qui ci sono cinque dipendenti – spiega la de Gramatica – due sono usceri, due amministrativi e solo una addetta alla sala lettura. Troppo pochi, quando uno di noi è in ferie spesso dobbiamo chiudere, non siamo in grado di garantire gli orari, sebbene siano già piuttosto ridotti. Basti pensare che spesso gli studiosi devono essere seguiti personalmente dall’addetta di sala, anche per ore e capirete – aggiunge – che una persona sola non basta».
Le preoccupazioni della quasi ex direttrice aumentano per «colpa» della riforma del Ministero per i beni culturali, che prevede accorpamenti e tagli, non certo aumento di personale.

Da qui il grido d’allarme, ma anche alcune proposte. «Le Province stanno per essere abolite e ci sono molti dipendenti in mobilità – ricorda la de Gramatica – perché il Comune non si fa portavoce, insieme a noi, affinché il Ministero “dirotti” alcuni lavoratori all’Archivio di Stato? Certo, a noi serve personale qualificato, ma penso che tra i tanti dipendenti provinciali possano esserci figure professionali adeguate». E il lavoro non manca, «per esempio ancora non è stato inventariato il preziosissimo fondo della Casa Pia dei Ceppi, che al suo interno ha carte dal grande valore storico, non solo per Prato», afferma la de Gramatica. Oltre al personale manca anche lo spazio: qui per legge dovrebbe esserci l’archivio del Tribunale, ma non è mai arrivato perché non saprebbero dove metterlo.
La Direttrice chiude con un auspicio. «È necessario uno sforzo in più – conclude – e per farlo occorre unire le forze tra le varie istituzioni che lavorano su Prato, qui ci sono tanti enti culturali, forse coalizzandoci e mettendo insieme le risorse potremmo andare avanti tutti».

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