Cinque ministeri per aiutare Prato


L’impiego delle pattuglie miste (esercito e forze dell’ordine) fu solo il primo passo. Il secondo fu il rinnovo, presente il ministro dell’Interno Roberto Maroni, del patto per Prato sicura. Adesso, secondo quanto annunciato ieri, saranno cinque (Interno, Sviluppo economico, Lavoro, Economia e Finanze) i ministeri a occuparsi del caso Prato, non soltanto per quel che riguarda  lotta all’illegalità economica e alla microcriminalità. Si parla, secondo l’accordo raggiunto a Roma, d’integrazione.

In particolare, il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, guiderà dalla capitale tutti gli interventi ritenuti necessari per Prato. Presenti il prefetto Maria Guja Federico, il sindaco Roberto Cenni e il presidente della Provincia Lamberto Gestri, l’intesa raggiunta prevede che di fatto le questioni più spinose, quelle che la città non riesce ad affrontare con le sue sole forze, passino sotto il controllo di Roma. L’intenzione è di creare i presupposti per un’integrazione, senza espellere la comunità cinese dal tessuto economico e sociale cittadino (lo ha precisato il ministro Roberto Maroni) e senza rinunciare al contrasto alle forme illegali di sfruttamento di manodopera irregolare e di concorrenza da parte del cosiddetto “distretto parallelo”: quello delle confezioni, in massima parte gestito dagli orientali.

Nei propositi, repressione e integrazione dovranno procedere di pari passo.

Per il sindaco Roberto Cenni, la partecipazione attiva di più ministeri e il loro diretto interesse per Prato “sarà una garanzia in più per ricevere dal governo le attenzioni necessrie al territorio”.  Definito “tavolo nazionale per Prato”, quello deciso a Roma ieri è per il sindaco “un tavolo pensato appositamente per poter avere un coordinamento ai massimi livelli di responsabilità, sia ministeriali sia locali, atto a definire i progetti e le azioni concrete per la soluzione delle problematiche determinate dai grossi flussi migratori che il nostro territorio presenta, con un grave sistema di illegalità diffuso”. “Riusciremo ad avere un importante grado di integrazione solo quando sapremo non far pesare solamente sulla comunità locale residente il peso che questa comporta”, ha aggiunto.

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