29 Febbraio 2012

Sequestri di camorra anche a Prato, ecco i nomi dei coinvolti


Più che un patrimonio, un impero costruito attraverso il riciclaggio di soldi sporchi del clan camorristico Terracciano. E’ quanto ha scoperto la Guardia di Finanza, che stamani ha sequestrato in tutta Italia beni e società per un valore complessivo di 41 milioni di euro, riconducibili a membri del clan Terracciano, a loro familiari o a prestanome, in tutto 71 persone. Prato era la capitale del riciclaggio: qui, grazie a ingenti capitali messi a disposizione dalla camorra, Paolo Posillico, 41 anni, era divenuto titolare della catena di ristoranti e pizzerie Don Chisciotte, poi allargatasi anche in provincia di Pistoia e Firenze. Assieme alle società proprietarie dei 10 ristoranti, sono state sequestrate in città 3 ditte di abbigliamento, 2 concessionarie di auto, una società finanziaria e tre immobiliari, due aziende attive nei night club, tra cui quella proprietaria del fondo che ospita l’Oca Fioca (il locale invece è gestito da una società che non è coinvolta nell’indagine perché estranea ai fatti, e pertanto resta regolarmente aperto), una società di servizi alle aziende. Coinvolta nelle indagini anche la Polisportiva Prato Nord, visto che uno degli indagati, Alberto Paolo Mancin, è stato presidente fino al 2008. Dalla Polisportiva, però, fanno sapere di non aver più nessun tipo di rapporto con Mancini, mentre la società è una no profit che si occupa solo di far giocare i bambini senza nessun fine di lucro.
Tutte queste attività, assieme ad altre in diverse province toscane (fra cui due scuderie di cavalli, una ditta di autotrasporti, addirittura un parrucchiere) servivano a riciclare soldi provenienti da reati quali estorsione, usura,  sfruttamento della prostituzione, scommesse clandestine, attività che il clan dei Terracciano, originario di un paese nel napoletano, aveva saputo trasferire in Toscana fin dagli anni Novanta con il coinvolgimento di altri personaggi campani e toscani in una nuova associazione camorristica.
”Andando a mangiare in pizzeria o al ristorante abbiamo la possibilità inconsapevole di alimentare patrimoni criminali”. Così, il procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi, ha commentando il sequestro di beni, disposto in via preventiva per sottrarre disponibilità economica e patrimoniale a soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, che avevano un tenore di vita sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati (poche migliaia di euro l’anno). ”In Toscana e’ la prima volta che si applica una misura di prevenzione patrimoniale regolata dalla legge antimafia. Spero – ha concluso Quattrocchi- che quest’attivita’ inauguri un costume operativo”.
Oltre alle 44 società, il cui valore è stimato in oltre 32 milioni e che sono state affidate alla gestione di curatori e amministratori giudiziali, sono stati sequestrati 67 rapporti finanziari, 2 cassette di sicurezza, 33 immobili (di cui 19 a Prato), 26 auto, 5 moto e lo yacht “Noemi” da 300 mila euro, intestato all’omonima prestanome, una signora che in quattro anni ha denunciato redditi per complessivi 3 mila euro, ma ha movimentato capitali per 900 mila euro. Simile la situazione delle otto persone a cui la Finanza riconduce le reali proprietà dei beni: negli ultimi 10 anni avevano dichiarato redditi complessivi per soli 10 mila euro. Si tratta dei fratelli Giacomo e Carlo Terracciano, dei loro figli Francesco e Antonio Terracciano, i pratesi Paolo Posillico e Alberto Paolo Mancin, Michele Ditommaso e Francesco Lo Ioco. I riscontri sui prestanome hanno consentito di accertare che in alcuni casi si trattava di personaggi legati da vincoli di parentela e di amicizia, e in altri casi di vittime del clan progressivamente divenute sempre più complici, fino alla completa associazione al sodalizio criminale.
L’operazione è arrivata dopo due anni di indagini di natura economica-patrimoniale, svolte dal Gico del Nucleo di polizia tributaria di Firenze. La misura di prevenzione patrimoniale antimafia è stata emessa dal Tribunale di Prato, su richiesta del Procuratore distrettuale Antimafia di Firenze Giuseppe Quattrocchi. “Ronzinante” il nome scelto per l’operazione. Una denominazione che richiama la passione per i cavalli dei destinatari delle misure, ma anche il cavallo di Don Chisciotte. “Se Don Chisciotte insieme al suo cavallo Ronzinante lottava senza esito contro i mulini a vento, in questo caso la lotta contro l’ingerenza della camorra nell’economia legale non è stata vana” – ha commentato il comandante regionale della Guardia di Finanza Giuseppe Vicanolo.

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