15 Gennaio 2014

Comune unico in Val Bisenzio, le industrie del territorio appoggiano il sì al referendum


Un sì unanime e convinto è emerso dall’audizione fatta dall’Unione Industriale Pratese sulle sue imprese ubicate in Val di Bisenzio a proposito della possibile fusione dei comuni di Vernio, Vaiano e Cantagallo. L’associazione è da sempre sensibile all’argomento, tanto da aver organizzato lo scorso maggio con l’Irpet e l’Università di Firenze un convegno incentrato sulla dimensione degli enti locali ed i servizi; al convegno partecipò anche buona parte dei sindaci dell’area.
Le argomentazioni portate dalle imprese a sostegno della fusione dei comuni non sono solo di tipo economico, anche se si ritiene potenzialmente rilevante il risparmio in termini sia di riduzione dei “costi della politica” che di ottimizzazione a livello gestionale. Consistenti anche gli incentivi economici attualmente in vigore per le fusioni volontarie, che godrebbero anche dell’esenzione dai vincoli del patto di stabilità per tre anni. L’aspetto più rilevante è ritenuto però quello legato alle prospettive di governance unitaria di un territorio collinare e montano difficile, circoscritto e fornito di una sua uniformità. Tale uniformità richiede a parere delle imprese strategie meno frammentate di quelle attuali e strumenti pianificatori, regolamentari e autorizzativi di respiro corrispondente all’intera vallata.
A queste considerazioni di fondo si aggiungono altri argomenti, legati essenzialmente al raggiungimento di un livello dimensionale pari a circa 20.000 abitanti e oltre 190 km2. Il comune unico valbisentino potrebbe avere una significativa rappresentatività e disporre di risorse maggiori, a loro volta in grado di assicurare investimenti più consistenti. Le maggiori dimensioni favorirebbero anche l’ammodernamento e la specializzazione della struttura amministrativa, a tutto vantaggio della qualità dei servizi.
La soluzione del comune unico appare più funzionale rispetto a soluzioni intermedie come l’unione dei comuni e non sembra presentare serie controindicazioni, dato che i presidi territoriali legati alla sanità, alla sicurezza e all’istruzione potrebbero rimanere comunque, essendo dipendenti da standard (come popolazione o tipo di territorio) che non hanno niente a che fare con le ripartizioni amministrative.

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