11 Settembre 2014

Cassa integrazione ai Musei Diocesani. Don Fantappiè: “Decisione dolorosa ma inevitabile dopo i tagli ai finanziamenti”


«La Diocesi di Prato continuerà a investire nel Museo dell’Opera del Duomo. Questa volontà sarà portata avanti nonostante il perdurare del forte periodo di crisi e soprattutto dopo la cessazione dell’accordo stipulato con il Comune di Prato nel 1990 per la valorizzazione del patrimonio artistico dei Musei Diocesani». È questa la risposta della Diocesi all’Usb, Unione sindacale di base, che questa mattina, attraverso una nota, ha attaccato il Vescovo Agostinelli per aver messo in cassa integrazione due dipendenti dei Musei e per aver chiesto la riduzione dell’orario di lavoro. Inoltre l’Usb ha definito «un danno per tutta la città» la riduzione dell’orario di apertura del Museo dell’Opera del Duomo e la chiusura definitiva del Museo di Pittura Murale.
In giornata è arrivato il comunicato diocesano che ha voluto chiarire la situazione.
La Diocesi ha spiegato che la situazione nasce da vari fattori, primo fra tutti la decisione dell’Amministrazione comunale «di sospendere l’erogazione dei contributi previsti all’interno del sistema museale pratese istituito in base al quale i Musei Diocesani hanno percepito, negli ultimi tempi, circa 130mila euro l’anno. Parte di questa cifra era corrisposta dal 1998 per l’affidamento, la cura e la gestione delle opere appartenenti alla collezione del Museo Civico, sistemate nel Museo di Pitturale in San Domenico, nell’attesa della riapertura di Palazzo Pretorio. Dunque non è stata la Diocesi a chiudere il Museo in San Domenico ma il trasloco delle sue opere in altro luogo.
Dovendo gestire un solo Museo, quello dell’Opera del Duomo, e per di più senza le decennali contribuzioni, è divenuto insostenibile per motivi oggettivi avere gli attuali quattro dipendenti.
I Musei Diocesani si sono visti costretti a razionalizzare le spese agendo su due fronti: la riduzione dell’orario di apertura e sul personale. Il Museo passa da 35 a 27 ore settimanali, per questo motivo a due dipendenti è stata chiesta la disponibilità a diminuire le ore di lavoro. Mentre per gli altri due la soluzione è la richiesta della cassa integrazione in deroga. Per uno di questi ultimi l’ammortizzatore sociale servirà ad arrivare alla pensione, prevista nel 2015, mentre l’altro dipendente sarà coinvolto in progetti e altre iniziative che riguardano la promozione del patrimonio culturale diocesano.
“Piange il cuore a dover prendere una decisione così dolorosa – dice don Renzo Fantappiè, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni  culturali – ma non possiamo fare altrimenti. Le spese sono molte e non solo per questi due Musei, pensiamo anche al restauro delle chiese pratesi bisognose di interventi urgenti. Costi che la Diocesi dovrà sostenere da sola”.
Se la proposta di riduzione dell’orario di lavoro non dovesse essere accettata, non resta altro che chiedere la cassa integrazione per tutti e quattro a partire dal mese di ottobre.
Questa situazione non comporterà nessuna chiusura del Museo dell’Opera del Duomo, ritenuto, come detto, luogo significativo per la conservazione della storia di Prato», conclude la nota.

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