1 Dicembre 2014

Prato ricorda Roberto Castellani a 10 anni dalla morte


A 10 anni dalla scomparsa, Prato ricorda una delle sue figure eminenti, quel Roberto Castellani padre, con altri sopravvissuti, del Museo della Deportazione e della Resistenza, per lunghi anni presidente della sezione pratese dell’Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED), instancabile coltivatore della memoria delle barbarie nazi-fasciste affinché quell’orrendo passato non ritorni.
Mercoledì 3 dicembre, ore 21, il Museo della Deportazione e della Resistenza di Figline ospiterà una cerimonia-omaggio (ingresso libero), presenti i familiari, l’Assessore alla Cultura Simone Mangani e il presidente della sezione ANED Giancarlo Biagini. Per gli onori di casa la presidente del Museo Aurora Castellani con la direttrice Camilla Brunelli. Nell’occasione sarà proiettato il docu-film “Luci nel buio” (2003) del regista Gabriele Cecconi, che attraverso la storia di Castellani rievoca alcune tappe significative della nostra storia nazionale. Castellani stesso ne è il protagonista. Fu una delle sue ultime fatiche. Un anno dopo, il 3 dicembre del 2004, un male incurabile se lo portò via.
Che tutt’oggi il suo nome e la sua opera significhino molto per Prato lo dimostrano il plesso scolastico a lui intitolato e il sondaggio Vota il tuo Pratese lanciato dal Comune nel 2011. Tra i concittadini più importanti degli ultimi 150 anni Castellani risultò ottavo su 60. Uomo semplice ma di gran tenacia, era diventato nel tempo il simbolo di un’epoca tragica, popolare anche grazie alle continue tournée per scuole, circoli e parrocchie a testimoniare i valori della memoria e della riconciliazione tra i popoli.
La militanza pacifista e antifascista e un’innegabile lungimiranza lo portarono in tempi precoci a progettare il Museo della Deportazione e della Resistenza e il gemellaggio Prato-Ebensee insieme ad altri deportati pratesi (tra cui i compianti Dorval Vannini e Aldo Becucci) e ai familiari delle vittime riuniti nell’ANED. Progetti di straordinario valore etico-civile riconosciuti a livello internazionale, resi possibili dal Comune di Prato. Realizzato nel 2002, il Museo è oggi meta costante di migliaia di studenti e visitatori da ogni parte d’Italia.
Fondamentale il contributo di Castellani al Patto di Gemellaggio (1987) tra Prato e l’austriaca Ebensee, città alpina sul lago omonimo, sinistramente passata alla storia della seconda guerra mondiale. Ebensee ospitò infatti uno dei più grandi e devastanti sottolager SS di Mauthausen, nome in codice Zement. Vi morì la maggior parte dei toscani prigionieri politici e Castellani vi visse la sua drammatica esperienza.
Classe 1926, cresciuto in pieno fascismo, come tanti ne era rimasto profondamente influenzato. Fu balilla, avanguardista e, fino all’arresto, confidò nel Duce e nella sua ideologia. La svolta il 7 marzo 1944. Operaio tessile, neanche diciottenne, partecipò al famoso sciopero generale ‘per pane, pace e lavoro’, in realtà senza particolare coscienza della portata eversiva della manifestazione. Incarcerato nella fortezza di Prato dalla milizia fascista, fu presto trasferito a Firenze alle Scuole Leopoldine, centro di raccolta dei prigionieri. Poche ore dopo, l’8 marzo, con centinaia di altri, era già in viaggio verso l’Austria e il lager di Mauthausen su una tradotta composta da tanti vagoni bestiame contrassegnati ‘Operai volontari per la Germania’. Dei 133 pratesi internati in quei giorni, solo 18 sarebbero tornati a casa.
Due settimane più tardi, marchiato con il triangolo rosso dei politici e con il numero di matricola 57.027, Castellani fu trasferito a Ebensee insieme alla maggioranza dei compagni, prigionieri-schiavi destinati a scavare nella montagna i locali per una base segreta di ricerca e collaudo dei missili V2, fatica massacrante spesso mortale. All’inizio, in realtà, Castellani fu incaricato di curare l’orto delle SS, ma un’assenza prolungata per assistere un amico malato gli costò quel posto relativamente leggero e la condanna a lavorare nelle gallerie, dove rimase fino all’arrivo degli americani il 6 maggio 1945.
Benché neppure ventenne, nel disastrato dopoguerra Castellani ebbe non poche difficoltà a costruirsi una vita. Gli fu complicato perfino trovarsi una qualsiasi occupazione, almeno fin quando si impiegò come magazziniere all’economato del Comune. Finì poi per riversare impegno e passione anche sul mondo della scuola che, intitolandogli un intero plesso, gli ha manifestato la propria riconoscenza.

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Centro studi Prato 2.0

Un abbraccio alla famiglia in ricordo della scomparsa. L’indimenticabile Roberto ci ha insegnato cosa vuol dire la parole pace dopo aver trascorso una parte delicata della sua vita a 18 anni l’esperienza dei campo di concentramento
Ciao Roberto