31 Gennaio 2015

Lettera aperta del segretario della Filctem Brezzo: “La filiera si sta sgretolando nell’indifferenza”


Oggi un distretto distratto, domani un distretto distrutto?
Nei giorni scorsi, alcuni imprenditori pratesi tra i più competitivi hanno rivelato le ricette che hanno permesso loro di rimanere, con successo, sul mercato. Tutte condivisibili e molte di queste anche da noi, da sempre, auspicate: saper capire quali sono i prodotti giusti e imparare a fare quello che il mercato richiede anticipandone i tempi; seguire e sapere accontentare specialmente quei mercati che sono in grado di riconoscere il valore aggiunto dei prodotti particolari e caratterizzati; portare avanti un ricambio generazionale fatto da imprenditori che abbiano intenzione di stare sui mercati e di competere rinnovandosi e cercando continuamente nuovi sbocchi, e non da chi ha come solo obiettivo di disinvestire dall’industria.
Tutto questo, però può aver futuro solo con forti investimenti in macchinari tecnologicamente avanzati e in risorse umane che, per la parte produttiva, sono state sempre a carico dei terzisti. E quindi serve una filiera integra e innovata. Siamo invece davanti a un panorama desolante in tutte le fasi, con la filatura a cardato ormai ridotta ai minimi termini e che spesso lavora in condizioni che non possono consentirne la sopravvivenza se non al di fuori delle regole. Si può dire che il cardato è residuale. Vero. Che il filato si può comprare da fuori. Vero. Che addirittura il tessuto si può comprare da fuori. Vero. Ma anche “la mano” dei nostri tessuti si può comprare da fuori? È questo l’obiettivo finale? Perché il rischio è proprio questo.
Ieri i dipendenti di Eurotintoria hanno fatto un presidio davanti alla loro fabbrica per rendere pubblico quanto stanno vivendo. La vicenda più brutta degli ultimi venti anni, perché portata avanti dalla proprietà, tra bugie e omissioni, nel più completo spregio delle tutele di quei lavoratori che hanno tenuto in piedi l’azienda per anni, finanziandola coi loro stipendi non pagati e con i loro contributi e TFR non versati ai fondi di previdenza. Ad oggi quei lavoratori non hanno ancore né visto né percepito la solidarietà né della città né delle sue istituzioni. Dispiace, perché Prato non era così.
Pare che dalla prossima settimana inizi lo smantellamento dei macchinari. Se è poco comprensibile che interessi poco alla nostra comunità il trattamento ricevuto da più di ottanta famiglie alle quali è stata sottratta la possibilità di affrontare la chiusura della “loro” azienda nei modi e nei tempi che meglio le tutelassero, è addirittura inconcepibile che non venga percepito, almeno come distretto, che anche la nobilitazione sta arrivando al capolinea. Gran parte delle maggiori aziende o cessano, o sono “sui barulli” e sperano di sopravvivere “spartendosi il morto” o confidano sull’immortalità di imprenditori ottuagenari che, tanto di cappello, continuano a passarci dentro la vita. Altre sono già state rilevate da una imprenditoria orientale che, in questo comparto, non si capisce perché, è praticamente esente da controlli.
Si pensa davvero che, in questa situazione, le ricette di successo, pur perseguite da alcuni, siano in grado di darci un futuro? Forse converrebbe discuterne tutti insieme. E forse sarebbe bene anche ritrovare quel senso di solidarietà e quella capacità di indignarsi che aveva fatto del distretto pratese una comunità, e non solo un agglomerato di aziende.
Massimiliano Brezzo
Segretario Generale Filctem Prato

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Marco
Marco
9 anni fa

Lettera che non fa una grinza. Tra un po’ voglio vedere dove tingono e rifiniscono i tessuti e quindi dove fanno il loro made in Italy. Evito di commentare quanto detto da alcuni imprenditori in settimana. E tuttaunaltrastoria dove e’? Tutti zitti perche’ e’piu’ facile affitare o vendere i capannoni agli orientali.