22 Luglio 2015

Rinvio a giudizio Sasch, Cenni si difende: “Un castello di falsità contro di me. Ecco perchè avevo chiesto il patteggiamento”


“Il fatto che abbiano dato il consenso al patteggiamento a Mario Pacetti e a Gianluca Giovannelli e che non lo abbiano concesso a me dimostra che questo non è un processo alla Sasch, ma il processo a Roberto Cenni. Ma il dibattimento sarà una grande occasione per far emergere la verità e smontare il castello di accuse e falsità che sono state costruite contro di me”. Non ci sta l’ex sindaco di Prato Roberto Cenni, che commenta così la decisione della Procura, avallata dal gup, di respingere la richiesta di patteggiamento a due anni di reclusione, con sospensione della pena, per il fallimento della Sasch. Cenni è stato rinviato a giudizio oggi, assieme ad altre cinque persone, e dovrà rispondere – tra gli altri reati – di bancarotta fraudolenta.

L’ex sindaco contesta dunque la difformità di giudizio nei confronti di soci e stretti collaboratori. I suoi legali spiegano che alcuni capi di accusa minori a carico del fondatore della Sasch sono caduti già con la richiesta di rinvio a giudizio. E lo stesso Cenni, malgrado avesse richiesto il patteggiamento, si difende e si professa innocente. Lo fa con una dichiarazione scritta presentata al Tribunale in cui motiva proprio la scelta di chiedere il patteggiamento con la possibilità di chiudere una vicenda giudiziaria “dolorosa e tormentata” che ha provocato “veri e propri problemi di sussistenza alla famiglia” e qui il riferimento è al sequestro conservativo dei beni.

“Intendo precisare che non sono colpevole dei reati che mi sono contestati” – scrive nell’atto l’ex sindaco. “Ho appreso tuttavia che la medesima Procura della Repubblica ha ritenuto di prestare il proprio assenso affinchè alcuni miei coimputati potessero definire la loro posizione processuale mediante il “patteggiamento” della pena “sospesa” di due anni di reclusione; ciò ha fatto nascere in me una riflessione in ordine alla possibilità di chiudere una vicenda giudiziaria che fino ad oggi mi ha procurato, nonostante la mia buona fede, forti amarezze sia in sede penale che in sede civile, provocando veri e propri problemi di sussistenza tanto a me (ma di questo mi importerebbe poco) quanto alla mia famiglia (fatto, per me, assai più doloroso); basti pensare che sono stato l’unico Sindaco di una città italiana a subire il sequestro conservativo dell’intera indennità spettante a tale carica pubblica; dunque, pur soffrendo all’idea di dover rinunciare all’orgoglio che mi deriva dal fatto di sapermi non colpevole delle condotte di cui sono accusato, devo prendere in considerazione la possibilità di cercare di chiudere un capitolo doloroso e tormentato del passato, per dedicarmi soltanto al futuro della mia famiglia; per queste ragioni – e soltanto per queste ragioni – formulo dunque la richiesta di “patteggiamento” alla pena “sospesa” di due anni di reclusione”.

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