31 Marzo 2016

“L’essenzialità al tempo del superfluo”, Mauro Corona protagonista di un incontro a Cafaggio


Lo scrittore Mauro Corona sarà ospite venerdi 1 aprile alle 21,15 al circolo Arci di Cafaggio di via del Ferro, 26. “L’essenzialità al tempo del superfluo” è il tema dell’incontro. Di seguito la presentazione della serata e dell’ospite, a cura di Luca Soldi.
Il superfluo ci accompagna in questo mondo che pare perdere valori e sentimenti. Pare perdere il senso alla comprensione alla “bellezza” della vita ed alla natura che ancora ci circonda.
Malgrado spesso si legga o si ascoltino i grandi sacerdoti del contemporaneo, i filosofi moderni,  i fini politici che ci raccontano dei nostri privilegi come se fossero cosa acquisita ed inalienabile.
Punto di partenza per altro superfluo che continua a non soddisfare dopo la prima meraviglia.
Portando un senso di vuoto che si colma apparentemente con altro nuovo superfluo che arriva da quel “consumismo” che pure sembra esso stesso una parola non più nominabile.
E dunque il ritorno all’essenzialità della vita sembra unico rifugio in cui ripararsi.
La ricerca della semplicità, del contatto, dell’intimità con la natura, con gli altri ed in primo con coloro che ti sono vicini e subito dopo con quelli più lontani.

E’ questo lo spirito con il quale accogliamo una delle più alte e controverse figure del nostro tempo.
Quel Mauro Corona, uomo di Erto. Figura geniale e poliedrica. Scultore, scrittore, poeta della natura e dell’animo, camminatore di boschi, conquistatore di pareti, cavatore di marmo.
Persona dal carattere mite, dispensatrice di consigli ed allo stesso tempo burbero, capace di grandi scatti d’ira. Fine provocatore.
Alpinista con all’attivo più di 300 vie di scalata nelle Dolomiti. Un uomo, classe 1950, che da una vita difficile è riuscito a trarre quell’essenzialità che lo ha portato a esprimersi in pagine mirabile bellezza. Nato a Baselga di Piné, nei pressi di Trento, da una coppia di venditori ambulanti a loro volta originari di Erto, quel paese di montagna, in provincia di Pordenone, tristemente noto per la tragedia del Vajont.
Ed e’ sui monti di Erto che Mauro scopre la sua prima grande passione, l’alpinismo, passeggiando con il padre che per arrotondare faceva il bracconiere. Dal nonno intagliatore apprende l’arte della scultura del legno.  Frequenta le scuole elementari di Longarone ed è un grande divoratore di libri e tra i suoi scrittori preferiti ci sono nomi come Tolstoj e Cervantes
Ma e’ sempre la montagna, il mondo del bosco ad attirarlo; a soli tredici anni si rende protagonista della sua prima impresa, la scalata del monte Duranno, 2688 metri di altezza, di pareti scoscese.

Sono gli anni in cui all’asprezza della natura che lo circonda, si aggiungono le asprezze della vita.
La madre, dopo la nascita del fratello che morirà annegato in Germania, dove si era recato alla ricerca di un lavoro, abbandona la famiglia. E nel 1963 arriva una delle più grandi stragi della storia del paese, la tragedia del Vajont. Un gigantesco pezzo di montagna invade, cade dentro invaso delle diga. Un mare di acqua si solleva e travolge i paesi intorno. Portando morte e distruzione infinita. Un disastro annunciato, sottovalutato colpevolmente che cancella buona parte dei paesi della valle da Longarone ad una fetta della sua Erto.
Quasi duemila morti ed un mondo cancellato. Questo ricordo che per fortuna non porto’ vittime alla sua famiglia, raccontato nel suo “Vajont: quelli del dopo”, non lo lascerà mai: “Ancora sento l’enorme boato che precedette e accompagnò l’onda assassina trecento milioni di metri cubi di montagna si rovesciarono nel lago sottostante. A distanza di cinquant’anni quando sento rumori violenti, mi scuoto e la mente torna inevitabilmente a quella notte”.

Dopo tempi che lo videro protagonista di svariate peripezie scolastiche, Corona si ritrovò prima a lavorare nelle cave di marmo del monte Buscada, poi a fare poi il servizio militare all’Aquila, nel corpo degli alpini.
Tornato a casa fu assunto come scalpellino riquadratore, un mestiere che insieme agli insegnamenti del nonno, gli permise di dedicarsi e farsi conoscere per le sue sculture su legno.
Le opere richiamavano tante persone ed il suo laboratorio-casa e rifugio di Erto divento’ presto luogo di arrivo ed incontro per gli amanti delle sue sculture. Fino a quando un mercante d’arte di passaggio ad Erto, incuriosito, volle conoscere Corona ed alla fine acquistare tutte le sue opere.
Arrivo’ presto la prima mostra pubblica, organizzata a Longarone, nel 1975.
Ma la conoscenza al grande pubblico, con la notorietà, arriverà  grazie alla sua sensibilità di scrittore.
L’attività letteraria che prese il via con “Il volo della martora”.
Corona, amico fraterno, di cammino, di scrittori come Erri De Luca, Paolo Rumiz e soprattutto dello scomparso Mario Rigoni Stern, vinse nel 2014 il premio letterario dedicato a lui con la “Voce degli uomini freddi”.
Un premio che Corona intese come un vero e proprio riscatto alle delusioni ed alle fatiche di una vita complessa:  “Per me – ebbe a dire  – questo premio ha un valore diverso e non solo perché Mario Rigoni Stern e le sue pagine mi hanno commosso. La mia scalata è stata una scalata al contrario e per me, questo premio dedicato a Mario, è il riscatto da una vita scellerata.”
E di continuo, in tutte le opere che sono arrivate, ad essere protagonisti sono la natura che lo circonda, quella incontaminata come nel caso de “I misteri della montagna” (edito da Mondadori nel 2015), oppure sono le persone della sua terra, di quelle valli, di quei monti, spesso dimenticati come ne “I fantasmi di pietra” oppure nella “Storia di Neve”.
Ma protagonisti sono anche i grandi temi del nostro tempo, come immigrazione e l’integrazione.
Testimonianza ne e’ la tragica “Favola in bianco e nero”, il racconto dell’improvvisa apparizione accanto al classico Gesù Bambino, di un altro, di colore ben diverso di quello a cui siamo abituati, nero.
Un racconto che si snoda sul terrore, sulla paura del diverso, di quel Gesú bambino di colore scuro, che diventa, nella “Favola in bianco e nero”, l’immagine emblematica dei tanti stranieri, dei migranti che perdono la vita nei viaggi della speranza sulle carrette del mare. «Gesú di carne e ossa affondano nei mari – scrive Corona –, su barconi sgangherati, assieme a genitori, fratelli, nonni, parenti e conterranei. Un presepe immenso che si sposta e scompare negli abissi». È un esodo biblico, denuncia lo scrittore, «si fermerà da solo, col tempo, anche se fermare i barconi non si può. La politica l’ha capito, e attende. Non resta che pregare che ci siano meno morti possibile».

Anche se citare i premi che ha ricevuto non gli fa decisamente piacere, vale la pena di ricordare il Bancarella del 2011, con “La fine del mondo storto”, un vero e proprio richiamo sulle possibilità, sul destino di quel mondo sbagliato, storto appunto.

Su tutti questi temi si riassume il senso dell’incontro organizzato a Prato che segue di un giorno l’iniziativa più istituzionale, organizzata giovedì 31, dalla Casa della Solidarietà-Rete Redie Resch, in collaborazione con il Comune di Quarrata, su quel ritrovare l’essenzialità, di cui avremo modo di ascoltare il richiamo, nel corso dell’appuntamento alla Casa del Popolo di Cafaggio, venerdì prossimo, 1 aprile alle 21,15.

Luca Soldi

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