6 Settembre 2016

Nel campo delle Misericordie a Sant’Angelo di Amatrice, dove “le tradizioni non crollano” e gli abitanti non rinunciano all’antica processione in onore della Madonna VIDEO


“Le tradizioni non crollano”. Dice una ragazza a voce alta mentre cammina in processione. Davanti a lei, alla testa del corteo, una donna regge l’antico labaro della Madonna di Galloro. Al posto dell’asta utilizza il bastone di una scopa. È la prima domenica di settembre e per secolare tradizione il paese di Sant’Angelo di Amatrice è solito portare una statua lignea della Vergine per le strade del paese. Siamo a meno di due settimane dal terribile terremoto che ha letteralmente sgretolato borghi e frazioni sui monti della Laga nel reatino. Anche Sant’Angelo ha subìto la stessa sorte, gran parte delle case sono crollate e adesso tutti gli edifici, le vie e le piazze sono off limits, nessuno può oltrepassare la “zona rossa”.

 

 

 

Ma la messa domenicale e la processione si tengono lo stesso. Si celebrano dentro alla grande tendopoli allestita dalle Misericordie d’Italia. Un campo base a due passi dal paese che ospita centocinquanta sfollati, la quasi totalità degli abitanti di Sant’Angelo e della vicina località chiamata Faizzone. Alla funzione ci sono tutti, mancano solo otto persone. Sono morte sotto le macerie delle proprie case. Tra loro anche un bambino di dieci anni.

Si prega e si piange davanti alle statue polverose della Madonna e dell’Arcangelo Michele, ci sono anche un crocifisso “sbucciato” e una campana seicentesca rotta in vari pezzi. Sono stati recuperati dai vigili del fuoco nella chiesa parrocchiale dal tetto distrutto e collassato all’interno. Eppure, ironia della sorte, l’edificio era stato restaurato e inaugurato soltanto tredici giorni prima della devastante scossa delle ore 3,36. Nel 2009 il terremoto che colpì l’Aquila fece danni anche da queste parti, lesionando la chiesa e le case. E ora ci risiamo. Si fanno ancora i conti con la ricostruzione e purtroppo anche con i morti. E commuove sentir cantare all’offertorio, in modo candido: “tra le mani non ho niente spero che mi accoglierai, chiedo solo di restare accanto a te”.

 

 

“Noi andiamo avanti, più forti e determinati di prima”, dice sicuro Mario Feliziani, presidente dell’Aips, associazione insieme per Sant’Angelo, la pro loco del posto che riunisce non solo gli abitanti ma anche tante persone originare del paese che oggi vivono altrove. “Non potevamo non festeggiare la nostra patrona – aggiunge Feliziani – eccoci qui, presenti e pronti a ricostruire il nostro paese”. L’associazione ha già lanciato l’idea di aprire un ufficio per la ricostruzione, sarà collocato nel primo edificio a tornare agibile. “Prima del terremoto del 24 agosto avevamo preparato una mostra fotografica dedicata al paese – aggiunge il Presidente – quegli scatti ci serviranno per farlo tornare com’era prima”.

 

Gli abitanti di Sant’Angelo sono assistiti ad ogni ora del giorno da cento volontari delle Misericordie che a turno si danno il cambio per espletare tutte le necessità del campo. Dall’accoglienza al servizio mensa, dal magazzino dei vestiti e della biancheria alla lavanderia. Ci sono anche gli psicologi per aiutare le persone a rielaborare la perdita della casa e quella, più tragica, dei familiari. A pranzo e a cena gli ospiti diventano 500, perché il campo è diventato il punto di riferimento per molte altre località vicine. Amatrice è un piccolo Comune con meno di tremila abitanti suddiviso in ben 65 frazioni.

 

 

 

Di giorno ci sono 30 grandi, il sole picchia e riscalda le tende. Di notte invece la temperatura cala fino a cinque gradi. Una notevole escursione termica dovuta all’altitudine, qui siamo a mille metri sul livello del mare. In inverno il termometro arriva spesso a -10. Per questo c’è grande preoccupazione. Il commissario straordinario Vasco Errani ha promesso che in meno di sette mesi arriveranno le casette di legno. Il capo campo, il confratello milanese Sergio Ripa, ci ha detto che le Misericordie si stanno già attrezzando per riscaldare le tende. Il ritorno alla quotidianità sembra essere ancora lontano ma di una cosa siamo certi: la determinazione di questo popolo montanaro, unita alla generosità competente dei volontari ci sono apparsi molto più forti di un freddo, e non sappiamo ancora quanto, lungo inverno.

 

 

Giacomo Cocchi

Subscribe
Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments