16 Novembre 2016

Falsi permessi di soggiorno, maxi operazione della Finanza: 15 arresti e decine di perquisizioni. Coinvolti due studi professionali VIDEO


Per una finta busta paga bastavano 30 euro, 150 per l’apertura della partita Iva e ancora 50 euro per l’assunzione fittizia di un dipendente. Per 1800 euro si poteva persino ottenere il pacchetto completo, il cosiddetto servizio “tutto compreso” riservato ai nuovi clienti. Documenti modificati o falsificati ad arte per ottenere il rinnovo dei permessi di soggiorno, richiesti da cittadini orientali e prodotti, dietro laute parcelle, da scaltri professionisti italiani che operavano in due studi di consulenza ben noti alla comunità cinese, anche al di fuori del distretto.
Il giro illegale è stato scoperto dopo lunghi mesi di indagine, coordinata dalla Procura di Prato e culminata nella maxi-operazione scattata all’alba di questa mattina, condotta sul campo dalla Guardia di Finanza con oltre 400 militari impiegati. Sono stati quindici gli arresti eseguiti (3 in carcere e 12 i domiciliari), 19 le misure interdittive notificate e 49 le persone denunciate. In totale, ammontano ad 83 le persone indagate e 111 le perquisizioni effettuate, tra Toscana, Veneto, Lombardia, Campania e Abruzzo. I blitz hanno permesso di sequestrate anche 50mila euro in contanti.

Nel mirino degli inquirenti sono finiti i titolari e i dipendenti dello studio Robbi e dello studio Rosini, entrambi con sede a Prato ma con uffici sparsi in altre città d’Italia. Pesantissime le accuse formulate nei loro confronti: tra le altre, associazione a delinquere, truffa aggravata all’Inps e violazioni della normativa in materia di immigrazione clandestina. Le manette sono scattate quindi per Filippo Rosini e Alberto Robbi, oltre che per un giovane cinese di 31 anni residente sempre a Prato.

La fotografia che emerge è dunque quella, come sottolineato sempre dal procuratore capo Nicolosi, di “tante Teresa Moda”.
Su 11 mila imprese individuali cinesi a Prato, oltre tremila erano seguite dai due studi al centro della vicenda e nella maggior parte dei casi si ricorreva alla procedura di falsificazione. Resta da quantificare, al momento, l’evasione fiscale complessiva: quel che è certo è che la gestione irregolare delle imprese ha prodotto un mancato versamento nelle casse INPS che supera i 5 milioni di euro.

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