25 Dicembre 2016

Subisce una rapina e diventa disabile. Grazie alla solidarietà della comunità cinese, Zhang riesce a tornare in patria dalla moglie


Zhang Chunsheng ha appena finito il turno di lavoro in fabbrica. Mentre sta tornando a casa in sella alla sua bicicletta nella zona di via Galcianese viene aggredito da un gruppo di rapinatori. È scaraventato a terra e picchiato in modo violento. I calci e i pugni lo colpiscono sulla colonna vertebrale, l’uomo perde i sensi e viene portato d’urgenza all’ospedale di Careggi a Firenze grazie all’intervento di alcuni passanti che lo hanno trovato riverso per strada. Quando si riprende i medici gli comunicano una bruttissima notizia: ha perso per sempre l’uso delle gambe. Zhang non ricorda nulla, non sa riconoscere i suoi aggressori e per lui inizia un lungo calvario.

L’episodio è avvenuto nell’agosto del 2012. Zhang, all’epoca 53enne, viene dalla regione del Fujian e si trova a Prato per guadagnare qualche soldo da mandare alla moglie e al figlio rimasti in patria. Anche lui come molti suoi connazionali è stato vittima di un furto per strada, una vera e propria piaga sociale per la comunità cinese di Prato, da tempo finita nel mirino di bande organizzate nello scippo e nelle rapina ai danni di orientali. Non è raro infatti che i cinesi derubati vengano malmenati dai banditi, questa volta però le conseguenze sono state gravissime. Di colpo Zhang si ritrova solo, senza un lavoro e come molti suoi connazionali che vivono qui, non conosce una parola di italiano. Dopo il ricovero in ospedale viene mandato nella Rsa Villa Niccolini a Prato.

 

Zhang e suor Teresa a Villa Niccolini con alcuni connazionali

 

La Caritas diocesana viene informata della sua situazione e così si attiva fra’ Roberto Bellato, al tempo responsabile del centro di ascolto per cittadini cinesi. «Zhang aveva bisogno di assistenza – racconta il francescano – non si poteva muovere, aveva il catetere e poteva nutrirsi solo attraverso un sondino. Insieme agli operatori Caritas andavamo a trovarlo per dargli conforto e aiutarlo nella riabilitazione». Quando sono arrivate a Prato le suore cinesi, un anno e mezzo fa, subito si sono interessate al caso. «Zhang voleva tornare a casa per stare insieme alla famiglia, ma la cosa era complicata – dice suor Teresa – perché in Cina l’assistenza è privata e costosa». A Zhang servivano dei soldi per potersi mantenere una volta tornato in patria. Siamo nel 2015, la suora si mette in contatto con l’associazione amici del Fujian che vivono a Prato. La comunità si prende a cuore la situazione dell’uomo e in pochi mesi riesce a raccogliere al proprio interno più di 30mila euro. Una somma sufficiente per aiutare la famiglia di Zhang ad accudirlo.
Il lieto fine viene scritto pochi giorni fa: il 14 dicembre l’uomo saluta tutti gli amici e i benefattori e fa il suo ritorno in Cina. «La solidarietà fa parte della cultura cinese – conclude fra’ Roberto – e l’unità di intenti tra la Chiesa e l’associazionismo ha permesso di aiutare una persona in difficoltà e senza punti di riferimento».

 

Giacomo Cocchi

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