Quasi il 72% degli azionisti (pari al 68,7% delle azioni ricomprese nell’offerta) hanno accettato la proposta di transazione della Banca Popolare di Vicenza: l’indennizzo di 9 euro ad azione messi sul piatto dall’istituto di credito per ridurre il contenzioso legale. La campagna, dopo la proroga di una settimana, si è conclusa oggi. Il 13 aprile il consiglio di amministrazione, che si dice soddisfatto del risultato, potrebbe sciogliere la riserva sul mancato raggiungimento dell’80% e procedere conseguentemente al pagamento di coloro che hanno aderito alla proposta.
Ma oggi la Banca ha reso noto anche i dati di bilancio: il 2016 si è chiuso con un passivo di 1,9 miliardi di euro, su cui hanno influito pesanti rettifiche di valore su crediti chieste da Bankitalia e accantonamenti resi necessari dai rischi legali.
La raccolta diretta, pari a 18,8 miliardi, si è ridotta del 14,4%: sono stati soprattutto privati e imprese che a causa del danno reputazionale hanno tolto i loro risparmi dalla Banca. La copertura dei crediti deteriorati è salita al 48,5% ma gli indici di solidità patrimoniale (Cet1 Ratio all’8,21% e Total Capital ratio al 9,61%) sono appena al di sopra dei minimi regolamentari.
La Banca ha bisogno di nuovi apporti di capitale e per questo – oltre alle garanzie statali sulle obbligazioni emesse (una nuova richiesta da 2,2 miliardi è al vaglio di Mef e Banca d’Italia) – ha chiesto l’accesso alla ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato, prevista dal decreto salvabanche. Ma la procedura, ritenuta fondamentale per la continuità aziendale e per dare corso alla fusione con Veneto Banca, è un processo – scrive la stessa BpVi – “articolato e complesso, che richiede la preventiva decisione della Direzione generale della Concorrenza della Commissione europea sulla compatibilità dell’intervento con la normativa in materia di aiuti di Stato i cui esiti sono allo stato incerto”.
