9 Marzo 2017

Maxi coltivazioni di marijuana nelle ville e fabbriche del Veneto: fermati due cinesi di Prato FOTO


Formalmente era intestatario di un’azienda tessile, già cessata. In realtà l’uomo, un 41enne cinese di Prato, era sì un fiorente imprenditore, ma nella produzione intensiva di marijuana: era lui, assieme ad un collaboratore – un connazionale di 31 anni – a gestire a distanza la coltivazione delle piante che avveniva in quattro ville rurali nel padovano e in un capannone industriale di Treviso, nei quali erano impiegati come braccianti cinque cittadini cinesi, tutti clandestini, fra cui due donne. Tutti e sette i produttori diretti di marijuana sono stati fermati e arrestati dai carabinieri del nucleo investigativo di Prato che hanno agito assieme ai colleghi veneti. L’indagine è partita nella nostra città dagli accertamenti nei confronti del capo del gruppo, in collaborazione con la polizia municipale di Prato.
Il sospetto degli inquirenti era che dopo alcune coltivazioni estese scoperte negli scorsi anni – in due fabbriche, a Vaiano e a Sant’Ippolito di Galciana, e in una villa a Le Sacca – altri “agricoltori” cinesi avessero portato avanti la lucrosa attività.

Nel complesso, nel corso delle perquisizioni (nella foto), sono state sequestrate 3 mila piante di marijuana e 100 chili di droga già pronta per essere immessa sul mercato, che avrebbe potuto fruttare oltre due milioni di sterline. La marijuana era infatti per lo più diretta in Irlanda del Nord, ma una parte della droga serviva anche a rifornire lo spaccio sulla piazza pratese. Le piante sequestrate sono del tipo skunk, una varietà di cannabis dal potere particolarmente alto.

Nelle “serre” venivano impiegate lampade ai vapori di sodio, sistemi di umidificazione e di areazione per la crescita delle piante, che nell’ultima fase erano tenute al buio per aumentare il principio attivo delle infiorescenze. Una produzione che per essere avviata richiede un investimento cospicuo, stimato dai carabinieri in circa 70 mila euro. A tenere le fila di tutto erano i due cinesi di Prato che compravano su internet l’occorrente per la lavorazioni, installavano le serre e tenevano i contatti con i connazionali all’estero a cui veniva spedita la droga – impacchettata in maniera ermetica, simil-sottovuoto – tramite corrieri. La scelta di produrre in altre località è stata dettata, con ogni probabilità, dal timore di incorrere in uno dei numerosi controlli all’interno dei capannoni pratesi da parte delle forze dell’ordine. I cinque coltivatori sono stati arrestati in flagranza di reato, mentre per i due cinesi di Prato è scattato il fermo. Per tutti l’accusa è di produzione di sostanza stupefacente con l’aggravante del grosso quantitativo.

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