20 Luglio 2017

Documenti falsi, visti per stage sportivi, tutele legali: ecco tutti gli escamotage usati per far arrivare a Prato le giovani promesse del calcio africano


Piccoli calciatori di 13 o 14 anni di età fatti arrivare in Italia senza familiari dall’Africa, con la speranza di poterli rivendere a club di categorie maggiori e lucrare sui cartellini. Un sistema che accomuna il Prato a molte società di calcio professionistiche, per contrastare il quale la Fifa ha imposto un giro di vite sui tesseramenti ed è arrivata a sanzionare club come il Barcellona imponendo nel 2014 lo stop al mercato. L’indagine della Procura di Prato ha scandagliato l’arrivo di 4 giocatori da Costa d’Avorio e Senegal nel settore giovanile del Prato e della Sestese, che essendo un club dilettantistico poteva contare su una procedura più agevole nei tesseramenti. Le due società si appoggiavano a procuratori, osservatori e “facilitatori” come l’ivoriana Nety, che ha pagato un funzionario in Africa per avere i documenti che la facessero passare per la madre di un giovane talento. Parentela sconfessata poi dal test del Dna. Il presunto figlio della donna è stato da poco acquistato dalla Fiorentina, che ignara degli illeciti, si è impegnata a trovare la casa e pagare l’affitto per lei e per il calciatore.
Negli altri casi contestati, le regole venivano aggirate da procuratori e dirigenti sportivi che riuscivano ad ottenere dai Tribunali africani la tutela legale e la potestà genitoriale dei minori. Un sistema, che in un primo momento ha funzionato, congeniale anche a ridurre le spese ed evitare di far venire in Italia le famiglie dei baby calciatori, ma che poi ha visto la Fifa sanzionare club come il Barcellona.

I ragazzi venivano fatti arrivare a Prato con un visto per dei provini sportivi, ma poi rimanevano con l’intento, non appena possibile, di metterli sotto contratto per poi rivenderli e incassare plusvalenze e premi di valorizzazione (20% sulla futura rivendita). Cifre importanti per una società di Lega Pro, se si considera che un giovane cresciuto nel club biancazzurro, come Christian Kouamè (nella foto) è stato di recente riscattato dal Cittadella per 130 mila euro.

Le intercettazioni
L’obiettivo finale era sempre e soltanto uno: guadagnare sui giovani arrivati con il sogno di diventare calciatori. Nelle intercettazioni sono numerosi i passaggi in cui non si va per il sottile. Nel commentare gli atteggiamenti di Kouame, Giusti dice a Pacini: “E sono negri, sono negri, son così”, manifestando un’avversione etnica. E Pacini risponde: “Se continua così se ne ritornerà nel suo villaggio in Costa d’Avorio a morire di fame!”.

Nelle intercettazioni c’è chi suggerisce, dopo le difficoltà nell’ottenere il visto, di caricare i ragazzini sui barconi e farli arrivare dalla Libia. Ed emerge anche il timore di perdere il talento poi ceduto alla Fiorentina, che a inizio 2016 non aveva ancora ottenuto il permesso di soggiorno. In quel momento, altri talent scout avrebbero potuto soffiare la procura del giovane calciatore e Pacini si rivolge al ragazzo raccomandandosi di “non parlare con nessuno, con nessun altro procuratore in zona perchè se no Paolo (ndr Paolo Toccafondi) si incazza” per poi aggiungere che dopo che avrà i documenti “in un giorno lo tessera e poi può giocare e poi l’anno prossimo all’Inter…non al Chelsea”.

Subscribe
Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments