29 Agosto 2017

Tragedia Tignamica, il procuratore Nicolosi: “Siamo ad inseguire fantasmi, occorre la collaborazione del consolato cinese”


“Siamo ad inseguire fantasmi che avrebbero dovuto farsi avanti per chiarire un fatto così drammatico, ma evidentemente le nostre aspettative sono utopia investigativa”. Il procuratore della Repubblica di Prato Giuseppe Nicolosi non nasconde la propria amarezza per la mancanza di collaborazione della comunità cinese a seguito della tragedia de La Tignamica, dove nell’incendio scaturito nel laboratorio abusivo allestito in una civile abitazione, all’alba di sabato, hanno perso la vita un uomo e una donna orientali. Diciassette le taglia e cuci trovate nella mansarda, dove in una piccola stanzina, oltre a quelli delle vittime era presente un terzo posto letto. Altre dieci brandine erano state collocate al primo piano: secondo gli inquirenti qui dormivano gli operai impiegati nella confezione fantasma, che dopo l’incendio non si sono più fatti trovare, anche se hanno lasciato effetti personali e alcune tracce. “Ho chiesto al console che ci aiuti ad identificare queste persone. Siamo in attesa di una risposta” dice il procuratore Nicolosi, che ha chiesto la collaborazione delle autorità diplomatiche cinesi anche per rintracciare i familiari delle vittime.

 
Nuovo sopralluogo nella casa-laboratorio

Stamani i sostituti procuratori Francesco Sottosanti e Lorenzo Gestri, titolari dell’inchiesta, hanno compiuto un nuovo sopralluogo a Vaiano assieme ai carabinieri, ai vigili del fuoco e all’Asl. Perquisita anche l’abitazione a fianco di quella colpita dal rogo, dove però non sono stati trovati macchinari.

Quel che è certo è che la confezione fantasma era attiva: sulle scale erano accatastati decine di sacchi neri con gli scarti di lavorazione. Carte ed etichette sono stati acquisiti al fine di ricostruire i committenti del laboratorio clandestino. Al momento l’unica indagata, per omicidio colposo plurimo e omissioni dolosa di cautele sui luoghi di lavoro è l’inquilina: Hu YinYan, la 46enne cinese che dormiva al primo piano e che dal 2015 viveva in affitto nell’immobile. La donna, tuttora in ospedale a seguito dell’incendio, era titolare di una ditta di confezioni cessata nel 2014. Il sospetto degli inquirenti è che l’imprenditrice abbia successivamente ricreato un’attività completamente a nero, mai iscritta alla Camera di Commercio.

La proprietaria dell’immobile, Patrizia Carmagnini, si era accorta della presenza dei macchinari e lo scorso 3 agosto consegnò e fece controfirmare all’affittuaria una lettera in cui si prevedeva entro 30 giorni il ripristino dello stato dei luoghi. Un atto il cui valore e il cui significato legale dovrà essere appurato.

Gli uffici e un deposito della Filati del Carmagnino, filatura di proprietà della famiglia Carmagnini, sono al piano terra del palazzo dove è avvenuta la tragedia. Gli investigatori dovranno ora capire da quanto tempo era in attività il laboratorio abusivo e quanti operai vi lavorassero. Accertamenti sui consumi elettrici potranno dare elementi utili in questo senso. I vigili del fuoco dovranno poi stabilire con certezza la causa del rogo: nella mansarda era presente una sorta di cucinotto, ma a quanto pare privo dell’allacciamento del gas. Le fiamme dovrebbero essere state provocate da un corto circuito legato ad un sovraccarico elettrico.

 
Nicolosi: “Fondamentale la collaborazione dei cittadini”

“Questa vicenda, oltre alla totale mancanza di collaborazione da parte della comunità cinese e all’assenza di protocolli a livello nazionale con la Cina, ci mette di fronte ad una evidente clandestinizzazione dei luoghi di lavoro, che può essere combattuta solo con la collaborazione dei cittadini – afferma il procuratore Giuseppe Nicolosi -. Al di là dell’obbligo di denuncia, che è stabilito per legge in alcuni casi, c’è il dovere civico di segnalare situazioni irregolari. L’omissione di denuncia da parte di chi avrebbe l’onere di gestione di un immobile può inoltre comportare responsabilità penali”.

Dario Zona

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