«La festa della città ha origini duecentesche ed è sempre stata più sentita rispetto a quella del santo patrono Stefano il 26 dicembre». Il professor Giampiero Nigro,
docente di economia e profondo conoscitore della storia cittadina, racconta ai microfoni di Tv Prato l’origine della Madonna della Fiera, come si chiama da secoli l’8 settembre.
«Ai tempi il vero gioco era il Palio, non la Palla Grossa, mai giocata, che si correva partendo da porta Santa Trinita fino a piazza Duomo il giorno di Santo Stefano. Ma nonostante questo i pratesi sentivano molto di più l’8 settembre».
Nigro spiega anche il legame, la profonda devozione che da secoli lega i pratesi alla Sacra Cintola: «Furono proprio i cittadini a interferire nella gestione della reliquia, a toglierla, se così possiamo dire, dall’esclusiva proprietà della Chiesa. Prima i laici non potevano avvicinarsi alla Cintola, dovevano stare almeno a tre braccia. Poi negli anni ’40 del Trecento un gruppo di magnati e popolani la tolsero dall’altare maggiore e la posero dove si trova oggi. Questo gesto voleva affermare che la reliquia appartiene a tutti i pratesi».
Il professore anticipa anche una scoperta fatta da una sua collaboratrice, la ricercatrice Simonetta Cavaciocchi e riguarda il rapporto tra Datini e la Sacra Cintola. «Abbiamo scoperto che un socio di Datini, nel 1400 – afferma il professore – scrive al mercante, in quel momento a Bologna durante il periodo della peste, per informarlo di aver comprato quattro fettucce di seta da porre sulla Cintola. Questo significa che il Datini e suoi soci realizzavano reliquie per contatto, che poi assumevano un significato e un ruolo per la religiosità dell’epoca».