9 Novembre 2017

Sequestrati beni per 2 milioni a referente della camorra a Prato VIDEO


La Direzione Investigativa Antimafia di Firenze ha sequestrato beni per 2 milioni di euro al latitante pluripregiudicato Vincenzo Ascione, 62enne di Torre del Greco, referente a Prato e in Toscana, del noto clan camorristico Birra-Iacomino. Il provvedimento, proposto dal direttore della Dia ed emesso dal Tribunale di Prato, scaturisce da complesse investigazioni economico-finanziarie che hanno evidenziato una netta sproporzione tra l’ingente patrimonio accumulato tra il 1996 e il 2012 da Vincenzo Ascione e dai familiari più stretti, grazie ai proventi di attività illecite, rispetto ai redditi dichiarati, al di sotto della soglia di povertà.

Trai beni sequestrati, ai fini della confisca, ci sono tre immobili a Prato, due terreni a Vaiano, due autovetture, numerosi conti bancari e disponibilità finanziarie oltre a due società con sedi a Prato e Montemurlo, intestatarie a loro volta di due immobili.

Nel video, gli uomini della Dia procedono ai sequestri

Il Tribunale di Prato ha inoltre disposto per Ascione la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per un anno e sei mesi.

Ascione è ricercato dal 2013, quando il gip del Tribunale di Firenze ha emesso nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di tentata estorsione e usura in concorso, commessi dal 2008 al 2013, in danno di commercianti pratesi attivi in provincia di Pistoia.

Reati – si legge nell’ordinanza – aggravati dal metodo mafioso, “intimorendo la persona offesa e i familiari mediante l’uso di linguaggio simbolico e creando così negli stessi condizioni di paura e omertà”.

Vincenzo Ascione, detto “Babbalaccone”, è inoltre gravato da numerosi precedenti giudiziari: nel 1980 è stato condannato dal Tribunale di Napoli per contrabbando e dalla Corte d’Appello per induzione e sfruttamento della prostituzione; nel 2006 è stato condannato dal Tribunale di Prato per violazione delle norme relative alla sicurezza e alla salute dei lavoratori; nel 2010 è stato condannato dalla Corte d’Appello di Firenze per ricettazione. In ultimo, nel 2011, il rinvio a giudizio a Prato per il reato di estorsione aggravata dall’utilizzo del “metodo mafioso”.

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