23 Giugno 2018

Reddito di cittadinanza, Puggelli scrive a Di Maio: “Servizi alla comunità in cambio di un contributo? Da noi è già così da 3 anni”


“Servizi alla comunità in cambio di un contributo? Da noi è così già da 3 anni”. Il neo sindaco di Poggio a Caiano Francesco Puggelli risponde così al vicepremier e ministro pentastellato Luigi Di Maio, che nel suo intervento di ieri al congresso nazionale della Uil, ha spiegato che la proposta del reddito di cittadinanza sarà una formula di aiuto condizionato a servizi socialmente utili per almeno 8 ore alla settimana. Puggelli ha scritto una lettera al ministro dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali Di Maio, nella quale prende le distanze dalle logiche dell’assistenzialismo, e si mette a disposizione per condividere l’esperienza del “baratto sociale” messa a punto nel comune poggese. “Se lo Stato reperisse delle risorse per questo progetto che – con i correttivi riportati reputo valido – i Comuni finalmente potrebbero prendere una boccata di ossigeno e destinare le risorse – sempre più difficili da trovare – su altri progetti per lo sviluppo del territorio locale”.

Di seguito la lettera integrale inviata dal sindaco di Poggio a Caiano Francesco Puggelli al vicepremier Luigi Di Maio.

Caro Ministro,
questa mattina sui giornali abbiamo letto una cosa che non ci è suonata nuova. Come ha detto ieri nel suo intervento al Congresso nazionale della UIL, l’ultima proposta del Reddito di Cittadinanza consisterebbe in una formula di aiuto per tutti i cittadini in difficoltà, in cambio di un servizio di pub-blica utilità da rendere al Comune di residenza. Sottolineo che la cosa non ci sembra nuova proprio perché qui a Poggio a Caiano – comune di 10mila abitanti in provincia di Prato – lavoriamo così da almeno 3 anni, chiedendo a chi ha bisogno di un contributo, un piccolo sforzo per rendere dei servizi utili a tutta la comunità. Servizi che vanno dai lavoretti di manutenzione degli spazi pubblici all’assi-stenza ai nostri anziani.

La sua proposta, che oggi si guadagna i titoli dei giornali, ricalca quel che già facciamo qua a Poggio e in altri comuni della Toscana, e segue anche quanto introdotto con il SIA da Matteo Renzi, poi portato avanti dal presidente Gentiloni con il REI.

Come tutti sanno, i Comuni – grandi e piccoli che siano – ogni anno, da sempre, intervengono con ri-sorse proprie per alleggerire le situazioni delle famiglie più in difficoltà in vari modi, dai contributi per gli affitti fino ad arrivare a piccoli aiuti economici per far fronte alle spese di ogni giorno.

Ci sono poi alcune Città, come appunto Poggio a Caiano, che anziché elargire aiuti “a pioggia” – chiedendo come requisito generico il solo fatto di essere cittadini iscritti alle anagrafe e strizzando l’occhio a una logica di puro assistenzialismo – lavorano giorno dopo giorno attraverso i propri servizi sociali per individuare chi ha realmente bisogno filtrando i cosiddetti “furbetti”. In realtà come la nostra preferiamo valorizzare le capacità delle persone, integrandole in percorsi che puntano sulle capacità del soggetto nell’ottica di farle uscire dal momento di difficoltà facendo anche rete con le Associazioni di Volontariato del territorio.

La nostra piccola esperienza ci insegna che questo genere di aiuto ha bisogno di essere inserito in un progetto complessivo e serio che segua una valutazione da parte dell’assistente sociale per valutare il reale stato di bisogno. A questo segue una sorta di “patto” tra ente e cittadino: laddove il Comune individua un percorso personalizzato per superare il momento di bisogno, il cittadino si impegna a fare la propria parte. Il tutto segue una logica di responsabilizzazione delle persone che ricevono l’aiuto e che non devono restare ferme con le mani in mano. Proporre un aiuto così omogeneo e in-controllato come quello di cui lei – Ministro – aveva parlato, sarebbe non solo esageratemente onero-so ma addirittura controproducente per lo sviluppo delle nostre comunità. Riporterebbe infatti a certe logiche “assistenzialiste” viste in passato, logiche che si sono già dimostrate poco utili. Questo dovrebbe averlo capito quando, nell’ultima versione della proposta, ha inserito le 8 ore settimanali di lavori di pubblica utilità.

Questa lettera per dirle che se vuol proseguire nell’obiettivo di applicare un ragionamento del genere su scala nazionale, noi saremmo pronti a mettere la nostra piccola esperienza a disposizione. Infatti se lo Stato reperisse delle risorse per questo progetto che – con i correttivi sopra riportati reputo valido – i Comuni finalmente potrebbero prendere una boccata di ossigeno e destinare le risorse – sempre più difficili da trovare – su altri progetti per lo sviluppo del territorio locale. Insomma questo è un invito, che con il dovuto rispetto le facciamo, oltre che a chiamare le cose con il suo nome (per noi e altri Comuni della Toscana si chiamava “Baratto Sociale”), e a valutare con attenzione ciò che di buono è già stato messo in piedi negli anni dai Sindaci e dalle comunità più virtuose in giro per l’Italia e, una volta tanto, ad impegnare lo Stato a fare la propria parte invertendo il trend che ormai va tanto di moda di “scaricare” tutto sui Comuni. Potrebbe essere un segnale di collaborazione e di condivisione non indifferente.

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