Pesanti richieste di condanna per singoli episodi di falsi aggravati dalla pubblica fede e una lunga serie di reati caduti in prescrizione per fatti che risalgono al 2008 e 2009: dopo quasi nove anni dall’inchiesta Permessopoli, che nel marzo 2010 travolse la Questura di Prato, è arrivato il giorno delle arringhe nel processo di primo grado. Il sostituto procuratore Laura Canovai ha chiesto pene di sette anni e mezzo per Michele Passeri, all’epoca poliziotto in forze all’ufficio immigrazione; sei anni e mezzo per Fabio Pichierri, ex vicequestore e capo delle volanti; 2 anni e 8 mesi per l’ispettore capo Sergio Galise, e tre anni per ciascuno degli altri due poliziotti a giudizio: Daniela Ognibene ed Emanuele Ghimenti. Imputati anche quattro cittadini cinesi, ma soltanto per uno di loro, Dong Bangyun non è intervenuta la prescrizione: per lui, la richiesta di condanna è di 5 anni e mezzo.
L’inchiesta aveva fatto luce su un presunto sistema di favori a cittadini cinesi e referenti della comunità orientale, per agevolare il rilascio di permessi di soggiorno. L’iter giudiziario è stato però travagliato: respinta la richiesta di giudizio immediato, il procedimento è andato avanti con il rito ordinario fra varie difficoltà, compreso il reperimento di traduttori disponibili a fare le perizie sulle intercettazioni telefoniche.
Dopo la requisitoria del pubblico ministero hanno preso la parola le difese, rappresentate dagli avvocati Manuele Ciappi, Ugo Fanti, Nicola Zanobini, Michele Nigro e Alberto Rocca, Giuseppe Nicolosi, Grazia Ciarlitto e Andrea Pagnini (questi ultimi due discuteranno nella prossima udienza). I legali hanno sottolineato carenze nel supporto probatorio dell’accusa e chiesto l’assoluzione dei loro assistiti. Nel fornire una diversa lettura dei fatti contestati, gli avvocati difensori hanno inoltre escluso l’eventuale aggravante al reato di falso, senza la quale anche per questa accusa potrebbe scattare la prescrizione. La sentenza è attesa alla prossima udienza fissata per il 21 gennaio.