30 Luglio 2019

Traffico illecito di rifiuti tessili, scatta all’alba l’operazione “Prato Waste”. Sei ordinanze di custodia cautelare e sequestri in città, a Pistoia e Bologna


E’ scattata all’alba l’operazione “Prato Waste”, che sta portando all’esecuzione di sei ordinanze di misura cautelare, perquisizioni e sequestri tra le province di Prato, Pistoia e Bologna per traffico illecito di rifiuti di origine tessile.

Sono questi i primi dettagli del piano di intervento, coordinato dal procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia Leopoldo De Gregorio e condotta dalla polizia municipale e provinciale.

L’ordinanza di misura cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Firenze Federico Zampaoli, arriva in seguito ad indagini che hanno interessato il territorio pratese, la provincia di Pistoia, Rovigo, Mantova e Reggio Emilia: a finire nel mirino, 4 imprenditori di nazionalità italiana e 2 di nazionalità cinese. Nel procedimento risultano indagati anche altri 10 soggetti titolari di più ditte “anche fittizie ”, sia di origine italiana che cinese.

In particolare vengono contestati reati legati al traffico illecito di rifiuti anche verso l’estero (transfrontaliero), realizzati facendo uso di provvedimenti emessi dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali e di autorizzazioni di impianti di destinazione, alterati “ad hoc” a seconda delle esigenze.
L’operazione di oggi arriva al termine di approfondite verifiche, partite nel 2018 su iniziativa della Polizia Municipale di Prato, e relative alla gestione dei rifiuti prodotti da alcune confezioni di abbigliamento e pronto moda a conduzione cinese. Nello specifico, l’attenzione è stata focalizzata sul ritiro degli scarti tessili, effettuato da soggetti di nazionalità cinese risultati non iscritti all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali.

Già dai primi accertamenti, è emersa la presenza di una vera e propria organizzazione dedita alla gestione illecita di rifiuti anche a scapito dei soggetti titolari delle aziende cinesi che sostenevano comunque i costi per il regolare smaltimento dei cascami.

L’attività di indagine ha consentito di mettere quindi fine ad una vera e propria attività organizzata, volta al traffico illecito di rifiuti sul territorio italiano e all’esportazione di parte degli scarti in Sud-Africa.

I trasporti venivano effettuati, nella maggioranza dei casi, da soggetti totalmente non abilitati al trasporto dei rifiuti o di quella specifica categoria di rifiuto, che si avvalevano di false iscrizioni all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per eludere un primo controllo operato sulla strada da parte di organi di polizia. Il successivo conferimento intermedio dei rifiuti (“sacchi neri”) avveniva presso impianti di recupero fittizi, dove gli scarti, invece di essere sottoposti alle operazioni di cernita, selezione ed igienizzazione (per abbattere la carica batterica eventualmente presente), venivano semplicemente privati dell’involucro originario (sacco nero) oppure pressati con all’interno gli stessi sacchi neri solo per ottimizzare la successiva fase di trasporto, ma senza alcun trattamento.

Successivamente venivano gestiti attraverso due diversi flussi, in base alle possibilità di sbocco commerciale del momento e secondo un sistema di regia ben definito che poteva contare su numerose ramificazioni sul territorio – in varie regioni del nord e del centro Italia – all’interno di capannoni fatiscenti e in disuso, saturandoli ed abbandonandoli.

I proprietari di questi immobili, molte volte inconsapevoli, si vedevano pagata la sola prima rata del contratto di locazione per poi trovarsi alle prese con soggetti “fantasma” e in immobili stracolmi di rifiuti. I componenti dell’organizzazione ottenevano quindi indubbi vantaggi economici sia sul risparmio dei costi per il rilascio delle autorizzazioni, sia sul mancato costo di smaltimento per l’invio degli scarti in impianti autorizzati.

All’esito delle operazioni di stamani sono state eseguite 6 misure cautelari, una custodia in carcere e cinque agli arresti domiciliari.

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