10 Settembre 2019

La Camerata Strumentale presenta la nuova stagione. Successo per il crowdfunding della camera acustica


Nell’opera di Gluck sul mito eterno d’Orfeo, quando al Cantore si schiude il mondo dei beati e la visione dei Campi Elisi, l’estasi di quel paesaggio di bellezza lo porta a esprimere la propria meraviglia con queste parole: «Che puro ciel, che chiaro sol, che nuova serena luce è questa mai?». Sono i suoni dell’orchestra che descrivono quell’incanto, un palpito di vita che esprime l’armonia della natura, la «dolce lusinghiera armonia» che formano insieme le acque, i venti, le voci degli animali, il fremito della vegetazione. È la concordia nelle differenze che la musica sa creare e che per questo rappresenta una delle più alte conquiste dell’animo umano.

Uno degli autori che la Camerata Strumentale “Città di Prato” ha eletto a simbolo di questa speranza nella musica è Jean Sibelius, compositore che ha fatto risuonare nelle sue sinfonie l’immensità dei paesaggi nordici in cui era immerso. Con la Terza e la Sesta Sinfonia il direttore d’orchestra Jonathan Webb avvia un percorso che porterà, nelle prossime stagioni, a completare l’integrale sinfonica di questo musicista ancora così poco familiare al pubblico italiano. Le «Luci del nord» del Concerto del lèttone Peteris Vasks si coniugano perfettamente con gli splendori sonori della Finlandia di Sibelius, così come la freschezza alpina della Prima Serenata di Brahms o quella voce del corno che, come chiamando da una foresta lontana, avvia l’incantesimo del suo Secondo Concerto per pianoforte. Ciascun appuntamento della Stagione fa appello al medesimo stupore di Orfeo. I venti turbinosi delle Boréades di Rameau, i canti d’uccelli nell’affettuosa rivisitazione barocca di Respighi, le onde del mare sulle scogliere delle Ebridi di Mendelssohn o la corrente del River di Duke Ellington. Per arrivare infine all’emozione di ascoltare insieme proprio quel «puro ciel» e quel «chiaro sol» nell’esecuzione in forma di concerto del capolavoro di Gluck, che ci insegna «come l’uom s’etterna» quando attingiamo alla forza della musica.

I temi e le suggestioni della nuova Stagione saranno presentati in un concerto riservato agli Amici della Camerata strumentale il 19 ottobre al Teatro «G. D’Annunzio» del Convitto Nazionale «Cicognini». Ci sarà di nuovo Mario Ancillotti alla guida degli strumentisti della Camerata in una gioconda antologia di danze che dall’eleganza barocca di Telemann giunge fino a Jimi Hendrix, passando per Mozart, Strauss e Bartók. Il primo appuntamento del cartellone sinfonico, il 7 novembre, ha il valore di una tripla inaugurazione. Infatti, oltre a dirigere il concerto d’apertura, il direttore musicale Jonathan Webb quella sera festeggerà insieme all’Orchestra e al pubblico la preziosa acquisizione della nuova camera acustica, una conquista resa possibile anche grazie alla campagna di crowdfunding «La casa dei suoni» che in pochi giorni (la campagna è stata lanciata in occasione del concerto in piazza Duomo del 4 settembre) ha già raggiunto il 60% dell’obiettivo finale. Tradotto in numeri, sono stati ad ora raccolti 7.000 euro.  La pagina che apre la Stagione, la Terza Sinfonia op. 52 di Sibelius, inaugura a sua volta un progetto di esecuzione dell’integrale sinfonica del compositore finlandese che sarà realizzato in tre anni. La luminosità serena e l’ottimismo di quella Sinfonia in do maggiore, giustamente soprannominata la «Pastorale del nord», s’addice assai bene ad aprire la finestra sonora sul «puro ciel» del percorso musicale 2019-2020.

Il secondo concerto della Stagione, il 28 novembre, diretto da Filippo Maria Bressan nella Chiesa di San Francesco, rivelerà al pubblico della Camerata le meraviglie della Suite orchestrale tratta da Les Boréades (1764), il testamento teatrale di Jean-Philippe Rameau. L’opera racconta il percorso iniziatico di un giovane eroe mitologico al centro di uno scontro fra il bene e il male. La pura poesia di queste pagine, che evocano il soffio tenero degli zefiri e i brividi gelidi dei venti del nord, il carillon delle Ore, la consolazione dell’arte, sembra indicarci che la musica può rendere gli uomini migliori e guidarli dopo tante tempeste sulla strada della virtù, per mezzo della sua bellezza serena. Accanto a Rameau, il programma offre una partitura esemplare d’un altro grande protagonista della musica francese, di duecento anni posteriore. È Francis Poulenc, che celebra nel suo Concerto per organo (1938) la grande civiltà artistica coltivata in Francia intorno a quello strumento, principe delle cattedrali. Enrico Viccardi sarà il solista in questa partitura sontuosa e intensamente spirituale. Luigi Piovano, artista applauditissimo nelle nostre ultime stagioni sia come direttore che come violoncellista, torna alla Camerata per un programma monografico su Brahms. Affronterà la sfida di suonare e dirigere il Concerto per violino, violoncello e orchestra, affiancato dal primo violino Grazia Raimondi, spalla dell’Orchestra. La giovanile e ariosa Serenata n. 1, splendido esordio sinfonico del musicista d’Amburgo, copre con la sua freschezza alpina e la sua serenità campestre la seconda parte di questo concerto del 12 dicembre.

Ritroviamo Poulenc, con la sua luminosa Sinfonietta del 1947, nel programma del 23 gennaio diretto da Jonathan Webb. Quest’opera piena di equilibrio classico e d’invenzione felice è messa a confronto con due omaggi di compositori del Novecento alla grazia barocca. Ravel reinventa sinfonicamente il clavicembalo del suo antenato Couperin con un Tombeau raffinatissimo e intriso di tenera nostalgia. Respighi omaggia invece gli antichi maestri della tastiera (tra gli altri, Pasquini e Rameau), con una preziosa voliera di pezzi caratteristici ridipinti dalla sua mano sagacissima di orchestratore. Grazie alla felice collaborazione fra Camerata e Metastasio Jazz, il 27 febbraio sarà presentata una novità di Paolo Silvestri, massima autorità del jazz sinfonico in Italia, affiancata dalla sgargiante partitura di Duke Ellington dedicata alle acque di un fiume. Concepito per una coreografia di Alvin Ailey con l’American Ballet Theatre nel 1970, The River è una celebrazione jazz della natura, un’apoteosi acquatica in musica, un simbolo del ciclo perpetuo della vita.

Sublime romantico il concerto del 19 marzo diretto da Jonathan Webb. L’impaginazione include anche il secondo appuntamento con le Sinfonie di Sibelius, questa volta la Sesta. Il suo autore la definì «acqua pura» per la sua essenza cristallina, trasparente, antiretorica. È un atto di fede nella polifonia e un manifesto omaggio ai modi antichi, la sorgente spirituale della musica europea cui Sibelius attinge con devozione e castità artistica. Anche l’Ottava Sinfonia di Beethoven, che chiude il concerto, è un’affettuosa dichiarazione di amore per la musica e la sua autonomia, spogliata d’ogni intento oratorio e celebrata nella ritrovata felicità ludica che era stata delle figure paterne di Haydn e di Mozart. Alla paternità artistica del proprio maestro Frank Bridge, Britten indirizzò con affettuoso segno di gratitudine una serie di Variazioni composte sopra un suo tema. È un capolavoro giovanile di arguzia e di umorismo, perché ciascuna variazione sembra un «exercise de style» che permette al compositore di ripercorrere con folgorante bravura il canone musicale occidentale, dal canto gregoriano, alla danza barocca, al valzer, all’aria d’opera italiana, al pezzo virtuosistico, fino alla magistrale fuga finale.

Il concerto sarà il 2 aprile: Hugo Ticciati, geniale figura di violinista, direttore e animatore di iniziative artistiche, si fa carico di questo autentico tour de force per l’orchestra d’archi, affiancandolo alla nobile Ciaccona di Henry Purcell nell’edizione curata proprio da Britten. Il Concerto per violino di Peteris Vasks, composto per Gidon Kremer nel 1997 permetterà di ammirare le doti di Ticciati come solista. Il lavoro porta il titolo «Distant Light» ed è intriso del senso di dolore, solitudine e consolazione tipico dell’anima musicale baltica. La musica come forza della vita e come luce nella tenebra è il messaggio universale ed eterno del mito d’Orfeo e del capolavoro di Gluck che fa da mèta alla stagione 2019-2020, il 7 maggio. Le voci di Antonio Giovannini (interprete eletto di Orfeo), di Rachael Birthisel e di Sophie Gallagher, guidate da Jonathan Webb, ci scorteranno a contemplare il «puro ciel» e il «chiaro sol» che dalla musica si irradia sulla nostra anima.

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Gino
4 anni fa

Ottima idea quella del crowdfunding! Avanti così!