23 Novembre 2019

Umiltà, disinteresse, beatitudine: le Chiese toscane ripartono da Papa Francesco


“La Toscana ha una identità forte, culturale e di fede. Siamo caricati di una responsabilità grossa, bisogna cogliere questi elementi che ci vengono offerti: basta lagnarsi, serve ottimismo. Siamo all’altezza del compito”. Così l’arcivescovo di Arezzo, Cortona e Sansepolcro Riccardo Fontana ha spiegato il senso del convegno promosso dalla Commissione cultura e comunicazione della Conferenza Episcopale Toscana sul tema “Umiltà, disinteresse, beatitudine. Rileggere il Convegno ecclesiale di Firenze” che si è svolto oggi alla Facoltà teologica dell’Italia centrale. “Diciotto diocesi toscane a convegno – ha sottolineato – per ragionare insieme del nuovo umanesimo: lo stile cristiano da rinnovare nella linea del discorso che Papa Francesco tenne quattro anni fa in Santa Maria del Fiore”. “Mi piace molto una chiesa che non sia fatta solo di preti, frati e suore: i laici, le famiglie hanno molto da dire” ha affermato Fontana, incontrando i giornalisti. “Bisogna riprendere il dialogo con la cultura, ha affermato: “Bisogna dialogare con tutti, creare un dialogo costruttivo e utile. La Chiesa non ha nemici. Uno dei suoi compiti può essere quello di risanare le fratture, fare in modo che ci sia rispetto e ascolto”.

Di dialogo ha parlato anche il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente dei vescovi toscani, nell’intervento che ha chiuso la giornata. “Lo scontro dottrinale e ideologico – ha affermato – ha caratterizzato per quasi due secoli il rapporto del cattolicesimo con la modernità”. La strada che dobbiamo prendere, ha proseguito Betori, “è quella indicata dal Concilio Vaticano II, la strada del ritorno al Vangelo, come seme gettato nel terreno della storia, come lievito da introdurre nella pasta del mondo”. Mitezza, disinteresse, dono, sono le parole che Betori ha ripreso dal discorso di Papa Francesco, come aspetti del volto di Gesù che i cristiani devono incarnare. “Sia all’interno delle comunità – ha affermato l’arcivescovo di Firenze – sia nello stare nel mondo il cristiano si riconosce per la sua attitudine a mettersi in relazione con l’altro e a farlo con uno stile di servizio”, senza tradire lo spirito del Vangelo che è quello di un dono. “E il termine dono mi impone di ritornare alla questione dei poveri. L’attenzione alle fragilità accanto a noi, il farsene carico è un altro atteggiamento che segna la trascendenza cristiana rispetto a ciò che appare nell’umano. Là dove non si può attendere nulla di umanamente reciproco, ma solo l’attesa del dono – ha concluso Betori – lì è il luogo dei credenti in Cristo, oggi come non mai, nel contesto di una cultura in cui i principi dell’efficienza e dell’utilità dominano e creano esclusione”.
Al convegno di Firenze anche un video messaggio del cardinale Gualtiero Bassetti: “Non essere potenti o non essere presenti nell’agenda dei potenti di turno non ci deve preoccupare – ha detto il presidente della Cei – dobbiamo invece preoccuparci se non abbiamo il coraggio di seguire e servire il Cristo povero e umiliato nella vita di quelli che san Giovanni Paolo II ha definito gli sconfitti della vita e che papa Francesco ci invita a riconoscere come gli scarti generati dall’indifferenza che diventa regola di vita in un sistema che idolatra il profitto e i consumi”.
“Il cambiamento epocale che si produce davanti ai nostri occhi ci obbliga ad interrogarci nuovamente sull’identità della nostra fede”. E’ il concetto espresso da padre Christoph Theobald, gesuita, docente di teologia fondamentale e dogmatica al Centro Sevres di Parigi, che ha tenuto la relazione. Theobald ha parlato del cristianesimo come “stile”: un modo, ha sottolineato, “per prendere sul serio quanto il Vaticano II ha potuto dire della «presenza» pastorale e missionaria dei cristiani in seno alla società”. “Se, al momento del Concilio, si parlava ancora di umanesimo cristiano – ha aggiunto – la posta in gioco attuale è rendere più largamente accessibile un nuovo umanesimo, umanesimo non solo attento all’unicità degli itinerari umani, ma anche alla convivenza in seno alle nostre società e all’avvenire della vita umana sul nostro pianeta”. “Il luogo più importante di una parrocchia – ha concluso il teologo francese – non sono i suoi servizi o le sue attività ma la porta. Che deve essere sempre aperta”.
“Dov’è che non c’è crisi? L’Europa, come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina “vivono un momento di trasformazione”. Lo ha detto il presidente del Parlamento europeo David Sassoli a margine del suo intervento al convegno. L’Europa, ha aggiunto, “può essere utile per regolare i meccanismi globali che in questo momento spesso sono senza regole”. Poi, successivamente, a proposito del ruolo della cultura cristiana ha detto che “le Chiese sono un pezzo importante per contribuire a sostenere il valore della politica, il valore di una politica democratica e in questo caso anche naturalmente la messa a fuoco di meccanismi utili per rilanciare il progetto europeo”.
Al convegno hanno partecipato oltre duecento partecipanti, tra cui i delegati delle 18 diocesi toscane, che hanno dato vita a un vivace scambio nei tavoli di lavoro organizzati nel corso della mattina.

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