28 Marzo 2020

La Prato che lavora (poco): viaggio nelle aziende “scampate” al decreto VIDEO


Rimangono aperte le imprese dell’alimentare, del settore cartario, della chimica, degli ausiliari delle industrie tessili e del cuoio; dei settori legati alla farmaceutica e alla sanità, di quelli legati alla potabilizzazione delle acque. Possono rimanere aperte per legge, è vero; ma la loro operatività è ridotta ai minimi termini.

La A.chi.mo di Bagnolo avrebbe dovuto festeggiare il suo 30esimo compleanno. E invece due dei tre soci si ritrovano a svolgere quelle poche mansioni che si possono svolgere in questo periodo e poi, per lo più, a fare lavori di manutenzione. Consistendo l’80% della sua produzione in operazioni di tintura e finissaggio per il tessile, si ritrova adesso a lavorare per quel 20% che resta e che è considerato “essenziale”: fornitura prodotti per il trattamento di tessuti per mascherine; produzione detergenti e sanificanti per lavanderie. Poche attività. Il resto è silenzio, rotto dai rumori delle macchine che vengono messe in funzione con regolarità perché non si rovinino.

 

 

Anche il codice Ateco della Toscochimica al Macrolotto uno rientra tra quelli “sopravvissuti” all’ultimo decreto del presidente del consiglio: alcuni comparti risultano, infatti, direttamente legati a settori essenziali quali la potabilizzazione e depurazione dell’acqua. Ipoclorito di sodio, clorito di sodio con cui si fa il diossido per rendere sterile l’acqua: tutte sostanze della cui commercializzazione non si può fare a meno. Altri comparti, invece, forniscono prodotti chimici per il tessile: questi sono fermi.

 

 

LS

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