3 Agosto 2020

Coronavirus, a Prato la peggiore contrazione della produzione industriale della Toscana e più della metà della forza lavoro in cassa integrazione. Ma le imprese resistono


La pandemia ha picchiato duro sull’economia pratese, più che da altre parti della Toscana, sicuramente più che in Italia: nel trimestre febbraio-aprile, a Prato c’è stata una contrazione del 37,7% della produzione industriale, rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno, contro il -28,7% toscano e il -24,6% italiano. Un andamento particolarmente negativo che il laboratorio di Scienze del lavoro del Pin, a cui la Cgil di Prato ha commissionato lo studio contenuto ne “L’osservatorio sulla crisi pandemica nella provincia di Prato”, ha ricondotto alla specializzazione produttiva dell’economia locale. La provincia ha perso 8 punti percentuali di export rispetto al 2018: a pesare sono i mercati europeo ed asiatico, mentre a soffrire di più sono i settori dei filati e della maglieria, con le confezioni di abbigliamento (roccaforte dell’imprenditoria cinese) che sostanzialmente sono le uniche a reggere il colpo.  “Sono numeri da guerra mondiale – commenta Enrico Fabbri, che ha redatto questo rapporto insieme a Dimitri Storai -; Prato soffre più degli altri territorio della Toscana perché ha una specializzazione funzionale: le altre province toscane hanno avito settori produttivi salvati dal lockdown, da noi no e questo ha determinato un crollo della produzione”.

Una delle prime conseguenze è un mercato del lavoro “congelato”, i cui movimenti si riducono al minimo indispensabile: da aprile a giugno di quest’anno sono stati 9.740 gli avviamenti, la metà di quelli dello stesso periodo del 2019. Un mercato del lavoro ridotto, ma che mostra un saldo tra avviamenti e cessazioni (6.801 tra aprile e giugno, contro le 14.198 dello stesso periodo del 2019) comunque positivo: merito del blocco imposto dal governo ai licenziamenti collettivi, ma anche di segno di imprese che resistono, utilizzando gli ammortizzatori sociali. “Tra gennaio e maggio 2020 sono stati 10.500 i lavoratori coinvolti nell’FSBA, il Fondo di solidarietà per gli artigiani che peraltro ha i pagamenti fermi ad aprile per esaurimento fondi ; 14.742 i lavoratori stimati che prendono la FIS, Fondo di solidarietà gestito dall’Inps per aziende con più di 5 dipendenti e 8.939 i lavoratori coinvolti, secondo dati della regione, nella CIGD, la cassa integrazione in deroga – spiega Lorenzo Pancini, segretario della CGIL di Prato -. Facendo la somma, risulta che più della metà della forza lavoro di Prato percepisce la cassa integrazione. Il nostro auspicio è che il Governo proroghi il blocco dei licenziamenti e le settimane di ammortizzatori sociali”.  Alcune imprese gettano addirittura il cuore oltre l’ostacolo: le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in indeterminato, pur essendo meno di quelle del 2019, sono comunque aumentate da aprile a giugno. L’esigenza di evadere rapidamente tutti gli ordini acquisiti prima della serrata, nel timore di una possibile cancellazione, ha fatto sì, da una parte, che alcuni imprenditori effettuassero l’assunzione che avevano programmato prima del coronavirus, dall’altra, che aumentassero anche i rapporti di lavoro somministrato, ovvero quello tramite agenzie interinali, molto più flessibile in entrata e soprattutto in uscita. “L’andamento dei movimenti del mercato del lavoro fa ben sperare – continua Enrico Fabbri -: a partire dall’allentamento del lockdown a maggio, le trasformazioni a tempo indeterminato tornano a salire avvicinandosi sempre più ai livelli del 2019. A maggio 2020 le trasformazioni sono state 1.018, a maggio 2019 1.108”.

 

LS

 

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nick
nick
3 anni fa

Ma dove sono le assunzioni a tempo indeterminato nel tessile se vengono usate proroghe nei contratti(max 6) a tempo determinato ogni volta da settimana a settimana o allungati solo di alcuni giorni.Bisogna abolire il Decreto Dignita’ altrimenti saremo lavoratori “usa e getta”.