24 Dicembre 2020

Il messaggio di auguri del vescovo Nerbini ai pratesi: «In questo Natale Covid riscopriamo la condivisione come insegna il bambino»


In occasione della solennità di Natale il vescovo Giovanni ha scritto un messaggio di auguri indirizzato a tutti i pratesi. Di seguito pubblichiamo il testo scritto da mons. Nerbini. Ricordiamo che questa sera, a partire dalle 20,20, trasmetteremo in diretta la messa nella Notte di Natale in collegamento dalla cattedrale di Prato.

 

Carissimi,

il mio amico don Gabriele Marchesi, oggi vescovo in una delle zone più povere del Brasile, raccontò di aver passato una intera mattinata a distribuire aiuti di tutti i generi ai bisognosi che si erano rivolti a lui, anche in quel giorno numerosi. Alla fine della mattinata stanco e provato aveva ricevuto una donna che gli aveva esposto le sue necessità. Al che lui aveva risposto con un rifiuto. La donna senza rabbia e senza asprezza aveva ribattuto: “tu non mi dai ascolto, ma il mio Dio non mi abbandona”. Una straordinaria testimonianza di umiltà e fede. Questa donna indigente, infatti, aveva compreso meglio di tanti altri il senso profondo dell’incarnazione e la viveva nella sua condizione di povertà con una consapevolezza che le conferiva forza e speranza inattaccabili.

Cari amici, quest’anno celebriamo il Natale con tante limitazioni che forse rendono la festa meno bella, un po’ sotto tono, ma che ci stimolano a recuperare oltre le tradizioni, pur belle, la realtà di Dio che si prende cura di noi, da sempre, in ogni circostanza, in ogni nostra condizione.
Nella notte di Natale sentiremo nelle parole iniziali del Gloria, come ce le presenta il Nuovo Messale: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore”. Dio vuole il nostro vero bene. Dal punto di vista umano la sua vicenda ci racconta che l’uomo non è più solo, non è abbandonato in questa avventura della vita. Ma ha per compagno il Figlio di Dio il quale prova amore e compassione per la sua vicenda ed è all’opera, sostenuto dallo Spirito Santo, “mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”.

Nel Vangelo della Notte di Natale questo aspetto è sottolineato accuratamente nella vicenda dei pastori, agli ultimi posti nella scala sociale. Ricevuto con sorpresa l’annuncio dell’angelo si recano a Betlemme e contemplano il bambino nella mangiatoia. Ripartono “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto”. Tutto per loro resta come prima, eppure tutto è cambiato. L’incontro vero, profondo con il Signore trasforma sempre la nostra esistenza. In questo “Natale Covid”, pur afflitti da problemi economici, sociali, dalla disoccupazione, dall’emarginazione e dalla solitudine, questo è il messaggio che ridona speranza e fiducia nel futuro: Viviamo la prossimità, riscopriamo la solidarietà, la condivisione come ci insegna il bambino. Impariamo di nuovo a desiderare per ogni uomo un destino dignitoso, dove a ciascuno siano garantiti una casa, un lavoro, lo studio, la pace. Ritroviamo insieme la capacità di sognare un destino comune nel quale ci sia pace per tutti, nel rispetto del “giardino” stupendo dove siamo stati collocati e ritroviamo anche fiducia e speranza non nelle sicurezze materiali illusorie ma nella potenza dell’Emanuele, “Dio con noi”.

La nascita di Gesù capovolge la situazione anche di fronte al dramma ultimo dell’uomo: la morte. Ho presentato ai giovani la testimonianza dell’ultimo francese condannato dalla legge alla pena capitale, a soli 27 anni, e giustiziato il 1 ottobre 1957: Jacques Fesch, che nel suo diario scrive: “Gioia, gioia, gioia e grazie siano rese a Dio. Da tre giorni ho di nuovo la fede… ed io conosco di nuovo come è dolce il Signore”. E alla vigilia della sua esecuzione: “Ultimo giorno di lotta, domani a quest’ora sarò in cielo”. Con la nascita del bimbo di Betlemme la morte che rappresentava la fine dell’uomo diventa il suo “dies natalis”, la sua vera nascita alla pienezza, quella definitiva ed intangibile della vita.

Buon Natale, carissimi pratesi

+ Giovanni Nerbini, vescovo di Prato

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Marco Giraldi
Marco Giraldi
3 anni fa

Nel messaggio scritto da Monsignor Giovanni Nerbini in prossimità del Santo Natale che ci vede ancora alle prese col Covid 19 sperando che possa diventare un brutto ricordo mi colpisce la testimonianza del criminale francese Jacques Fesch vissuto soltanto 27 anni dal 1950 al 1957 perchè poi condannato alla pena di morte venenedo così ghigliottinato. Dal 2009 è aperto il processo di canonizzazione grazie alla testimonianza della sorella raccontata al papa emerito Benedetto XVI, al cardinale Angelo Comastri e a tutta l’assemblea del popolo fedele perchè durante gli anni della sua prigionia aveva fatto un percorso di conversione arrivando a scoprire la fede in Gesù che testimoniò fino all’ultima ora in cui gioiva perchè una volta passata la sentenza sarebbe stato con Dio per sempre. Di testimonianze di questo tipo ce ne sono tante come quella di Alessandro Serenelli(1888-1970) che uccise la giovanissima Maria Goretti(1890-1902) percè non volle sposarlo. Venne processato e condannato ma poi decise di fare un percorso di rieducazione scoprendo la fede in Cristo che lo aiutò a rifarsi una vita. Una volta libero prese parte al processo di canonizzazione fatto da Pio XII di Maria Goretti il 24 Giugno 1950 in occasione dell’Anno Santo. Successivamente si trasferì nel Convento di Macerata dei Frati Minori Cappuccini dove rimase per tutto il resto della sua vita occupandosi della cura del convento stando alle regole dei frati.In questa notte è apparsa la grazia di Dio che porta la salvezza a tutti gli uomini ci ricorda la Lettera di San Paolo a Tito ed esso si riferisce alla Nascita di Gesù nella mangiatoia di Betlemme. E’ nato nella mangiatoia perchè non c’era posto in albergo ma rappresenta che lui è il pane vivo disceso dal cielo e che da ricco che era si è fatto povero per noi come ci ricorda la Seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi. Si è fatto povero non tanto perchè godessimo di cose materiali ma spirituali tenendo così nascosta la sua natura divina ma reincarnandosi come uomo così che poi ascendesse al Padre. Auguro a tutti un felice e santo Natale che possiamo vivere serenamente anche con le misure restrittive dovute dal fenomeno del coronavirus perchè Gesù rinasce tutti gli anni per noi