1 Dicembre 2020

Lavoro Sicuro, Giani: “Daremo continuità al progetto”. Nella fase 3 diminuite del 50% le notizie di reato, ma le multe restano alte


Il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha assunto l’impegno a “dare continuità” e ad “implementare” il progetto Lavoro Sicuro, in scadenza il 31 dicembre, che dal 2014 ha portato a controllare oltre 14.000 imprese cinesi a Prato e nell’area metropolitana. Il Piano per il lavoro proseguirà – hanno precisato il governatore e l’assessore regionale all’Immigrazione e Politiche per la legalità  Stefano Ciuoffo – allargando il raggio alla sicurezza sul lavoro tout court, nel segno della prevenzione più che del controllo.

L’annuncio è stato dato nel corso dell’incontro on-line “Cambia-menti” (in diretta youtube sul canale del Comune di Prato) in occasione del settimo anniversario del rogo della ditta Teresa Moda di via Toscana dove il 1 dicembre 2013 morirono sette operai cinesi. Un incontro nel quale si è levata forte la richiesta di collaborazione alle istituzioni cinesi, da parte del procuratore Giuseppe Nicolosi, per debellare la piaga, ancora troppo presente nelle aziende a conduzione orientale, dello sfruttamento lavorativo (leggi l’articolo).
Il responsabile del Piano Renzo Berti ha presentato i dati delle verifiche da parte dei 74 ispettori assunti dalla Asl nell’ambito del progetto, distinguendo tra prima fase (dal settembre 2014 al 31 marzo 2017), seconda fase (dal 1 aprile 2017 al 31 marzo 2019), e terza fase (dal 1 aprile 2019 ad oggi). Nel corso di quest’anno l’attività e i procedimenti collegati, come ha ricordato il procuratore Nicolosi, sono stati limitati di circa il 30% a causa dell’emergenza Covid.
Le notizie di reato nella terza fase sono diminuite del 50% (prima oltre la metà delle ditte ne subiva a seguito dei controlli; adesso “soltanto” il 27%). Il trend di regolarità nelle aziende è più che raddoppiato, dal 20% del 2014 al 48% del 2020.

I dormitori abusivi nei luoghi di lavoro sono passati dal 9,7% al 3,1%; gli impianti elettrici non a norma sono diminuiti dal 18,1% della prima fase all’attuale 3,7%. Le carenze igieniche sono scese dal 20,7% delle ditte controllate nella prima fase, all’attuale 8,7%. I sequestri o chiusure di attività sono quasi azzerati, passati dal 5,7% all’1,4%. Ma sono ancora numerose le prescrizioni impartite dagli ispettori per il rispetto di tutte le norme sulla sicurezza del lavoro (fogli di prescrizione riguardano il 28% delle ditte controllate, rispetto al 51,2% della prima fase). Restano alte anche le multe, circa 1 milione di euro a semestre, per un totale di oltre 18 milioni di euro incassati dalle sanzioni dall’inizio del progetto, che si è in pratica così autofinanziato.

“La sensazione che si raccoglie anche nei rapporti con le parti sociali è che il cambiamento sia al tempo stesso evidente ma ancora fragile – ha commentato Renzo Berti -. Non si è ancora compiuto lo scatto necessario della maturazione e della consapevolezza, dell’esercizio di una responsabilità non subita ma interpretata. La sicurezza sul lavoro non può dipendere dagli effetti che produce chi passa di lì a controllare, ma dipende dal fatto che chi vi si adopera non vive la sicurezza come un orpello, ma come un contributo per la qualità della vita. Credo che sarebbe un errore interrompere l’attività del progetto Lavoro Sicuro. Credo però al tempo stesso dobbiamo porci la domanda di modificarla nel tempo. C”è bisogno di allargare ulteriormente il raggio ispettivo e farlo combaciare con i controlli ordinari. Quindi sviluppare un intervento che possa allineare l’attività di controllo sulle imprese cinesi a quella che riguarda un po’ tutta la comunità e cercare di assecondare un processo che è fatto sì di controlli, ma soprattutto di una spinta forte, motivata e all’informazione comunicazione e assistenza percè sicurezza diventi un principio – se sistematicamente osservato – interpretato e non subito”.

Ad aprire i lavori è stato il sindaco Matteo Biffoni: « E’ doveroso commemorare la giornata del 1° dicembre per ricordare i sette lavoratori, cinque uomini e due donne, che persero la vita nel 2013 in quel terribile rogo nella Ditta Teresa Moda. È stato un fatto molto doloroso per la tutta nostra comunità, un punto di non ritorno oltre il quale non si poteva più andare e le istituzioni allora hanno messo insieme tutte le proprie energie e competenze per combattere lo sfruttamento lavorativo, per salvaguardare la sicurezza e la salute di tutti nel luogo di lavoro e difendere la concorrenza leale. I diritti dei lavoratori non sono merce di scambio e la legalità, che è frutto di battaglie sociali antiche combattute con passione e per le quali molti hanno perso la vita, va tutelata sopra ogni cosa. Non è tutto a posto e molto ancora resta da fare, ma il lavoro fatto fin qui da tutte le istituzioni coinvolte è stato prezioso e determinante”.

In rappresentanza delle categorie economiche è intervenuto Francesco Viti, presidente di Cna Federmoda Toscana Centro: “Siamo in prima linea per combattere l’illegalità nel lavoro. E per diffondere le informazioni e le conoscenze delle regole abbiamo istituito corsi di formazione proprio per aziende straniere e imprenditori che invitiamo a partecipare. La funzione informativa per noi serve ad inviare un messaggio chiaro: “noi siamo qui”». Un obiettivo condiviso anche dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, che hanno dichiarato “l’impegno per affiancare i controlli con azioni di sensibilizzazione e formazione rivolte ai lavoratori. con l’obiettivo di arrivare ad una maggiore presa di coscienza del valore della sicurezza nei luoghi di lavoro e della legalità”.

E’ poi intervenuto l’assessore regionale Stefano Ciuoffo, alla sua prima occasione pubblica per le deleghe dell’immigrazione di cui ha preso le redini: “A seguito della tragedia accaduta sette anni fa, lo Stato, nelle sue varie articolazioni, dalla Regione al Comune, passando per gli organi di giustizia e di ordine pubblico, ha agito in sintonia affinché quanto accaduto non si ripetesse. Tali attività hanno portato risultati importanti, sia in termini di controllo che di prevenzione, affinando nel tempo i tipi di azioni e politiche attive sul territorio. Quello che ha destato le Istituzioni e l’intera comunità toscana consisteva nel fatto che non si trattava di un incidente di lavoro, ma di persone tenute in condizione di schiavitù. Vi era quindi la presenza di un problema ulteriore a quello fondamentale sulla sicurezza sul lavoro, che riguardava un modello strutturato di oppressione e di schiavitù. Da qui il cambio di passo nella gestione e controllo della sicurezza nei luoghi di lavoro, rifiutando l’idea che si potesse ascriverlo a un fenomeno endemico delle economie emergenti. Da allora si è avviato un percorso di riscatto, consapevoli che ogni forma di illegalità indebolisce qualsiasi tessuto sano e capace, come quello delle nostre imprese. Un distretto che ha pagato il conto in termini di immagine, correndo il rischio di passare come acquiescente a tali pratiche inumane e illegali. La Regione, come ha detto il presidente Eugenio Giani, c’è e continuerà il suo impegno implementando il Piano per il Lavoro Sicuro, che potrà essere preso ad esempio anche per altre realtà toscane che vivono criticità analoghe. Voglio ringraziare il Console Cinese per le sue parole: c’è una lunga strada da percorrere per consentire ai lavoratori di operare in sicurezza e questa strada la faremo insieme. Mi auguro infine che la sollecitazione che il dottor Nicolosi ha posto sia colta: l’importanza della dignità della persona rispetto alla libertà di impresa. La libertà deve rispettare la dignità umana in primo luogo, garantendo a ciascun lavoratore i suoi diritti inalienabili”.

La presidente della Camera di Commercio Dalila Mazzi ha presentato dei numeri significativi della realtà di Prato mettendo in evidenza che “su più di 28 mila aziende attive sul territorio pratese, oltre 9 mila, cioè quasi un terzo, sono a conduzione straniera e di queste più della metà sono a conduzione cinese”. “La presenza di aziende a conduzione straniera a Prato rispetto alla media nazionale è di circa 3 volte tanto, infatti la Provincia di Prato è al primo posto nella graduatoria nazionale con circa il 30% rispetto alla media nazionale del 10,7%. Rimane confermata la vocazione manifatturiera per le aziende a conduzione cinese che rappresentano il 55,4% del comparto industriale della Provincia di Prato. Le confezioni sono più dell’88% del totale e nel tessile le aziende cinesi sono oltre il 22% del settore”.

 

“In sette anni è stato fatto tanto – ha aggiunto Rodolfo Zanieri di Uil– il Piano Lavoro Sicuro ha fatto scuola ed è stato preso come esempio da molte altre città non solo in Toscana. Dobbiamo però continuare ad impegnarci per cercare di invertire la tendenza che nel 2020 vede Prato al primo posto per numero di infortuni mortali sui luoghi di lavoro. La salute e la dignità sono i valori alla base della nostra comunità. La sicurezza non è un business e dobbiamo lavorare con unità di intenti in maniera concreta e mirata per favorire il rispetto delle regole”.

Ha concluso il prefetto di Prato Lucia Volpe, che ha definito la leale concorrenza un principio cardine della nostra economia, oltre alla sicurezza sui loghi di lavoro e il rispetto dei diritti dei lavoratori: “E’ giusto dire che la lotta allo sfruttamento lavorativo e alla violazione delle norme igieniche, di sicurezza, di edilizia è stato possibile grazie alla sinergia creata dalle Forze dell’Ordine, Polizia municipale, Ispettorato del Lavoro, Inps, Asl, Arpat, Alia, insieme alle istituzioni della città, Comune, Provincia, Regione, Prefettura, Procura della Repubblica. Una sintesi di competenze e professionalità che ha dato una risposta univoca”.

 

 

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