16 Febbraio 2021

Produzione industriale a picco: Prato chiude il 2020 con un -20%. Tessile e abbigliamento i settori più colpiti


Prato chiude il 2020 con un 19,8% di produzione industriale in meno rispetto al 2019. Sono i risultati finali dell’anno appena trascorso elaborati dal Centro studi di Confindustria Toscana Nord. Il dato di Prato è il peggiore registrato nell’area di competenza di Confindustria Toscana Nord (la provincia di Lucca ha chiuso con un -5,4% e Pistoia segna un -11,4%) ed è dovuto alla sua caratteristica di territorio ad alta concentrazione di manifatturiero, verosimilmente tra i più problematici.

“La chiusura del 2020 della produzione industriale pratese porta un segno meno particolarmente accentuato: con -19,8% la contrazione sfiora un quinto del totale – conclude il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Francesco Marini -. Fin dall’inizio della pandemia la moda, che a Prato costituisce gran parte delle attività industriali, è il settore manifatturiero in maggior sofferenza. E’ così anche a livello nazionale, dove nella media dei 4 trimestri 2020 la moda segna -27,7% rispetto al 2019, mentre quasi tutto il restante manifatturiero italiano perde in misura inferiore al 12%-15%. Esiste quindi nella pandemia un caso-moda, che la distingue dagli altri settori manifatturieri e che riguarda i mercati internazionali non meno che quello interno. Vanno lette in questa chiave anche le prestazioni del meccanotessile pratese, la cui chiusura del 2020 è a -14,4% e che è molto penalizzato anche dalla cancellazione delle fiere”. Nel settore, il tessile è stato colpito pesantemente: “Il tessile del distretto pratese ha chiuso il 2020, rispetto al 2019, a -21,4%, l’abbigliamento della provincia di Prato a -22,9%. L’intenso lavoro che stiamo facendo su digitalizzazione e sostenibilità e lo studio di possibilità di riorganizzazione della filiera mirano a gestire questo momento critico e a prepararsi per la ripresa. Ma senza socializzazione ogni sforzo delle imprese sarà vano: il nodo rimane quello”, afferma Maurizio Sarti della sezione Sistema Moda.

Non se la passa meglio il comparto dell’edilizia: “I dati disponibili, che non includono ancora il dicembre 2020, mostrano come sia ancora lontana la risalita dal picco massimo in edilizia, che in undici mesi perde a Prato il 9,3% delle ore lavorate, a Pistoia il 14% e a Lucca il 6,2% – spiega Alessandro Cafissi di Ance Toscana Nord -. E se da un lato, dopo la pressoché totale paralisi dei primi mesi di lockdown, non si assiste alla ripresa a ritmi serrati nell’aggiudicazione di lavori pubblici, (settore che anche per effetto del DL Semplificazioni ha visto una significativa contrazione delle gare pubblicate, pari al -11,1%, soprattutto nei lavori sottosoglia), non si vede ancora l’impulso che ci saremmo attesi grazie ai vari bonus edilizia. Effetti moltiplicatori potrebbero avere le risorse derivanti dal Recovery Fund; dobbiamo però essere consapevoli che andranno messe in campo e sapute gestire misure di accelerazione e semplificazione a monte delle aggiudicazioni affinché i bandi si traducano con urgenza in cantieri aperti”.

Notizie positive sul fronte della digitalizzazione, come spiega Giulio Lombardo della sezione Servizi e Terziario: “I numeri negativi della produzione industriale di area (-11,1% annuo e un -8% sull’ultimo trimestre) agiscono pesantemente nel settore dei servizi alle imprese. Tuttavia, la riorganizzazione aziendale che le misure anticontagio hanno imposto non solo alle aziende, ma alle amministrazioni, al sistema sanitario, alla scuola, al mondo del credito ha aperto orizzonti di lavoro per alcune aziende del comparto, già volte a favorire la digitalizzazione, che nel 2020 ha avuto la definitiva consacrazione. Inoltre, le aziende del terziario avanzato lavorano con una fascia di imprese che sono in media più evolute in termini di produttività, formazione, investimenti per addetto. Superata la fase di prudenza, crediamo di poter riprendere a lavorare in serenità. Rimane la grave crisi del turismo, che sarà superata con il passaggio del momento più cupo della crisi pandemica.”

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