16 Luglio 2021

Sfruttamento lavorativo nella confezione Giulio, condannati i coniugi imprenditori


Altra condanna per caporalato nel distretto tessile. Due coniugi cinesi, titolari della confezione Giulio di Galciana, hanno patteggiato una pena per sfruttamento lavorativo con l’aggravante dello stato di bisogno. Il gip Scarlatti del Tribunale di Prato ha comminato 2 anni e 8 mesi al marito; 2 anni e 6 mesi alla moglie, assistiti dall’avvocato Tiziano Veltri. I due imputati – per i quali il giudice ha disposto la fine degli arresti domiciliari, sostituendoli con l’obbligo di firma – hanno risarcito 19 vittime, attraverso un accordo fra le parti. L’inchiesta della squadra mobile, coordinata dalla Procura, è durata un anno e mezzo e ha portato alla luce uno sfruttamento sistematico dei lavoratori, per lo più bengalesi e pakistani. Molti degli operai non avevano alcun contratto, altri solo un part time, pur lavorando fino a 13 ore al giorno, 7 giorni su 7. Gli ambienti di lavoro, utilizzati anche per mangiare, erano privi delle minime condizioni di sicurezza e igiene. I lavoratori erano sottoposti a metodi di sorveglianza a distanza e costretti a riposare in locali-dormitorio affollati, presso un’abitazione accanto alla ditta. La produzione non si era fermata neppure durante il lockdown, quando la confezione avrebbe dovuto essere chiusa.
Ad alcune delle vittime dello sfruttamento, nel corso degli ultimi mesi, sono stati concessi permessi di soggiorno per protezione sociale. In favore delle vittime sono state avviate inoltre iniziative mirate alla regolarizzazione della posizione previdenziale e contributiva. Nell’ambito della collaborazione tra Procura e Comune di Prato, coloro che hanno manifestato interesse sono stati inseriti in progetti mirati all’accoglienza e all’integrazione, dove potranno approfondire la conoscenza della lingua italiana ed intraprendere un percorso professionalizzante.

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