15 Novembre 2021

Morte Luana D’Orazio, gli avvocati difensori dell’imprenditrice: “Non sapeva della manomissione dei sistemi di sicurezza”

Gli avvocati difensori di Luana Coppini e del marito Daniele Faggi parlano per la prima volta davanti alle telecamere


L’orditoio in cui ha perso la vita Luana D’Orazio non ha una scatola nera; la ricostruzione dell’incidente è inevitabilmente indiziaria e nella consulenza del perito della Procura sono stati trascurati alcuni elementi significativi che danno una lettura diversa dell’accaduto. Lo hanno affermato gli avvocati Barbara Mercuri, Alberto Rocca e Gabriele Capetta, i legali che assistono Luana Coppini e Daniele Faggi, l’imprenditrice dell’OrdituraA di Oste e il marito, indagati per omicidio colposo e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche per la morte della 22enne apprendista operaia, avvenuta nel maggio scorso.
Oggi i legali hanno parlato per la prima volta dinanzi alle telecamere, in una conferenza stampa convocata nel giorno in cui Daniele Faggi è stato sentito per circa 3 ore dal pubblico ministero Vincenzo Nitti, titolare dell’inchiesta della Procura di Prato, che nelle scorse settimane ha chiuso le indagini sul caso. Faggi ha negato di essere l’amministratore di fatto o il co-titolare della società, sostenendo di avere un ruolo di secondo piano, da “factotum” con piccole mansioni e di essere estraneo al reparto produzione e al funzionamento dei macchinari.
Gli avvocati hanno poi sottolineato l’impegno per far giungere alla famiglia della vittima il risarcimento: “E’ giusto che il figlio della povera Luana sia risarcito; abbiamo l’impegno della compagnia assicurativa ad istruire la pratica con la massima rapidità” ha detto l’avvocato Alberto Rocca.

I legali hanno poi illustrato la linea difensiva e spiegato le motivazioni che li hanno spinti a chiedere al gip l’incidente probatorio sul macchinario in cui è rimasta incastrata Luana D’Orazio.
Gli avvocati non contestano il fatto che ci sia stata una disattivazione dei sistemi di sicurezza (il by-pass elettrico, riscontrato dagli inquirenti, che consentiva all’orditoio di lavorare ad alta velocità con la saracinesca sollevata). Ma secondo le difese, la disattivazione non è stata né commissionata, né eseguita dai loro assistiti, i quali non ne erano a conoscenza.

Secondo gli avvocati di Luana Coppini e Daniele Faggi non sono condivisibili le modalità procedurali adottate e le conclusioni cui è giunto il consulente del pubblico ministero, l’ingegner Gini, secondo il quale al momento dell’incidente, l’orditoio di campionatura al quale stava lavorando Luana stava girando ad alta velocità, una fase in cui le saracinesche di protezione, in quel tipo di macchinario, devono rimanere abbassate. Secondo i legali difensori, invece, l’orditoio al momento dell’incidente mortale era azionato manualmente, tramite un pedale, e girava a bassa velocità, in una fase in cui è consentito e tecnicamente opportuno che la saracinesca resti sollevata.

Secondo gli avvocati difensori occorre un incidente probatorio per far luce su alcuni aspetti non considerati. Non si tratterebbe – hanno spiegato i legali – di rimettere in moto la macchina, ma di utilizzare alcuni software che consentono una ricostruzione della cinematica degli incidenti ricorrendo a modelli matematici. A maggior ragione – hanno insistito Rocca, Mercuri e Capetta – che l’orditoio non aveva una scatola nera, che le estrapolazioni e le interpretazioni di alcuni dati informatici sono state affidate alla ditta produttrice del macchinario e che la ricostruzione dell’incidente non può che essere di natura indiziaria.

 

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