24 Dicembre 2021

Gli auguri di Natale del vescovo Giovanni: «Ricordiamoci che l’essenziale ci viene donato dall’alto»

Tradizionale messaggio rivolto ai pratesi


Pubblichiamo il tradizionale messaggio di auguri che il vescovo Giovanni Nerbini rivolge ai pratesi in occasione di Natale.

 

Carissimi,

Le notizie che ascoltiamo più frequentemente in questi giorni sono spesso tristi a cominciare dalla nuova ondata di contagiati dal virus fino a giungere alla violenza sulle donne ed agli incidenti mortali nei luoghi di lavoro. Addolora poi particolarmente, il trattamento riservato alle migliaia e migliaia di uomini e donne in fuga da situazioni disperate, ammassati al confine con l’Europa ai quali è riservata una condizione che qui da noi parrebbe intollerabile anche soltanto riservata agli animali.
Quando in questi giorni ascolteremo il Vangelo di Matteo che racconta la fuga precipitosa della santa famiglia in Egitto per sottrarsi ai progetti omicidi di Erode, ricordiamo che quelle persone che bussando ai nostri paesi chiedendo ospitalità vivono la stessa vicenda, chiedono la stessa compassione e comprensione.

Non possiamo celebrare il Natale nascondendo la realtà né tantomeno tuffandosi nella girandola degli acquisti e delle feste, oltretutto quest’anno forzatamente ridotte. Vorrei augurare a tutti voi, come a me, due atteggiamenti importanti dei quali il primo più personale. Ricordare che l’ESSENZIALE ci viene donato dall’alto. Molto spesso abbiamo l’inconscia convinzione che tutto dipenda dalle nostre mani, dai soldi, dal benessere. Ma ciò che è veramente essenziale, non si consuma, non finisce viene dall’alto, da Dio a cominciare dal dono della nostra vita che Gesù promette senza fine. Tutti noi abbiamo fatto esperienza e credo tante volte, della finitezza delle emozioni e gioie umane che si accendono ed in un attimo hanno fine. Il rischio è di accontentarsi di vivere di briciole. Gesù che nasce ci promette una gioia che i pastori provarono di fronte alla sua nascita e che viene dal profondo del cuore abitato dal Dio bambino. Sarebbe bello che aprendosi a Lui la sperimentassimo anche nelle prove e difficoltà della vita pur complessa e travagliata.

La seconda disposizione ce la raccomanda il Vangelo: «c’è più gioia nel dare che nel ricevere». Gesù stesso fornisce un criterio di lettura: «Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». A volte il nostro dare è nel segno della occasionalità e della reciprocità, in definitiva del nostro tornaconto. Offro a chi so che poi mi ricambierà. La strada suggerita è diversa: Avere a cuore, prendersi cura di chi potrà dirti solo grazie, senza riuscire a sdebitarsi: che sia un pensiero, simpatia, un aiuto materiale. In definitiva si tratta di fare spazio a qualcuno nel nostro cuore senza secondi fini. E si sperimenta immediatamente che qualcosa in noi è rifiorito, ha ritrovato slancio ed entusiasmo.

Una piccola storia ci aiuta a fissare meglio l’invito. Un ragazzo di otto anni era guarito da una grave malattia, quando della stessa si ammalò la sorella. Il medico decretò che solo un sangue ricco di anticorpi adatti avrebbe salvato la ragazza e chiese al fratello se fosse disponibile a donare il sangue per lei. Il ragazzo esitava: paura e incertezza si potevano leggere nei suoi occhi. Alla fine dette la sua disponibilità. Quando la trasfusione fu effettuata, fermando il dottore gli chiese con un fil di voce: «E ora, quando devo morire io?».
Don Tonino Bello scriveva: Amare, voce del verbo morire, vuol dire uscire da sé, dare senza chiedere, essere discreti al limite del silenzio, desiderare la felicità dell’altro.

Buon Natale, carissimi pratesi

 

+ Giovanni Nerbini, Vescovo di Prato

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