L’onda sismica dell’eruzione di Tonga registrata anche a Prato dall’Istituto geofisico
L'onda sismica ha viaggiato all’interno del pianeta fino ai sensori della Fondazione Parsec
Ha viaggiato per un’ora percorrendo circa 13 mila chilometri all’interno del pianeta Terra fino a intercettare i sensori dell’Istituto Geofisico Toscano. È l’onda sismica provocata dall’esplosione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, un evento che si è verificato quasi agli antipodi rispetto al nostro paese, ma che, proprio a causa della violenza dell’esplosione, tutti i sismografi italiani hanno registrato. “I sensori si sono mossi la prima volta alle 6,30 di sabato mattina e l’attività è proseguita per oltre un’ora. La prima scossa che arriva infatti è quella che compie il percorso più breve ‘tagliando in due’ il nostro pianeta, attraversandone il nucleo per ‘rispuntare’ poi dalla parte opposta della Terra. Seguono poi le onde che invece viaggiano sulla superficie e percorrono quindi molti più chilometri”, spiega il sismologo dell’Istituto Geofisico Toscano, parte integrante della Fondazione Parsec, Andrea Fiaschi. L’eruzione è avvenuta infatti alle 5,30 ora di Greenwich (17,30 nell’isola Tonga).
Quella del vulcano polinesiano è l’esplosione più potente mai registrata da quando si fanno misurazioni di pressione, mentre l’attività sismica rientra nella normalità. Infatti dei 400 eventi sismici che ogni anno l’Istituto pratese monitora ce ne sono sempre alcuni che rappresentano l’eco di scosse molto forti avvenuti in luoghi del pianeta lontanissimi. “I terremoti locali, che sono la grandissima parte, avvengono fra l’Appennino settentrionale e la Toscana centrale dove l’Istituto monitora 22 stazioni di rilevamento, pozzetti con sensore e sistema di trasmissione dati alimentato da pannelli fotovoltaici – spiega ancora Fiaschi – L’Istituto ne possiede 10, uno nel pratese, a Montemurlo, uno a Pistoia e gli altri nel Mugello, mentre 12 sono della rete nazionale e coprono una buona metà della Toscana fino all’Emilia”.
L’eco dell’esplosione dell’isola polinesiana potrebbe anche non limitarsi alle onde sismiche e a quelle acustiche di pressione (non percepibili dall’uomo perché a bassa frequenza) che ancora viaggiano nell’atmosfera, il vero pericolo potrebbe venire dai cambiamenti climatici dovuti alla dispersione di anidride solforosa, che assorbe e riflette la radiazione solare e provoca quindi un raffreddamento del clima. “Gli eventuali rischi sono commisurati non solo alla potenza dell’eruzione, ma soprattutto alla quantità di materiali emessi e alla durata del fenomeno – aggiunge il geologo Marco Morelli, direttore della Fondazione Parsec – Nell’area polinesiana i danni sull’ambiente sono seri, ma per quello che sappiamo finora non sembra si sia trattato di un evento che possa influenzare in modo deciso il clima come invece avvenne per esempio nel 1815 con l’eruzione del Tambora in Indonesia. Allora le temperature globali si abbassarono, facendo del 1816 il cosiddetto “anno senza estate”.
A villa Fiorelli, comunque, dove recentemente è stato trasferita la centrale di monitoraggio sismico dell’Istituto, i movimenti della Terra sono dettagliatamente studiati attraverso la rete di rilevamento e i computer che in tempo reale inviano i dati anche all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma. L’IGT pratese è nato 90 anni fa come Osservatorio Sismologico San Domenico e da allora si occupa del monitoraggio dei terremoti.
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