13 Aprile 2022

Palazzo Datini, Vinicio Biagi nuovo presidente. L’ex Bernardi: “Per il Comune è solo un ‘Casone’, ecco perché mi sono dimesso”

Rinnovate le cariche della Fondazione Casa Pia dei Ceppi, ente preposto alla tutela e valorizzazione della casa del celebre mercante pratese


Vinicio Biagi è il nuovo presidente della Fondazione Casa Pia dei Ceppi. L’ex dirigente della Regione Toscana, prende il posto del dimissionario Walter Bernardi. Nel Cda dell’ente preposto alla tutela e alla valorizzazione di Palazzo Datini entra anche Isabella Ponsiglione, che subentra al consigliere Mario Barbacci, anche lui dimissionario. Come indicato da Francesco Datini nel suo testamento, le nomine dell’istituzione Casa Pia dei Ceppi, oggi Fondazione, spettano al Comune di Prato. Gli altri consiglieri sono Giampaolo Bigagli, Luigi Madera e Elia Frosini.

Il rinnovo del Cda avviene a un mese di distanza dalle dimissioni del presidente Walter Bernardi, in carica dal 2016, che spiega le motivazioni del suo gesto confermando la differenza di vedute con il Comune di Prato sull’utilizzo di Palazzo Datini.

Bernardi, docente universitario in pensione, ha scritto una nota nella quale riassume le idee e le proposte che avrebbe voluto portare avanti per valorizzare la casa del celebre mercante pratese. La volontà di Walter Bernardi era quella di creare un “Corridoio Datiniano”, proponendo così una sinergia tra il Museo di Palazzo Datini e il Museo di Palazzo Pretorio, che conserva la pala della Madonna del Ceppo di Filippo Lippi, di proprietà della Fondazione Pia dei Ceppi. “A queste mie idee il Comune ha risposto per bocca di autorevoli rappresentanti con un’altra metafora che non ha bisogno di spiegazioni, quella del ‘Casone Datiniano’. Di qui le mie dimissioni”, scrive l’ex presidente. “Ora il Sindaco ha nominato un nuovo Presidente e un nuovo Consiglio di amministrazione per gestire, immagino, il ‘Casone’, mentre la mia idea del ‘Corridoio Datiniano’ è stata giudicata un’utopia irrealizzabile. Staremo a vedere. Ma è importante che i cittadini pratesi, che sono i proprietari di Palazzo Datini, restino vigili e impediscano che il ‘Casone’ sia utilizzato per fini che, oltre a tradire le volontà del ‘mercante di Prato’, pregiudichino le potenzialità di un luogo che custodisce la memoria storica ed è il tratto identitario della città”, conclude Bernardi.

 

Anche se a Prato tutti conoscono Francesco Datini, temo che non siano molti coloro che sanno esattamente qual è la situazione della sua eredità, cioè Palazzo Datini. Un complesso immobiliare che è, nello stesso tempo, un Museo e la sede di enti statali, fondazioni culturali, associazioni culturali e addirittura di alcune famiglie che hanno la loro residenza in Via Ser Lapo Mazzei. Se si domanda in giro a chi appartiene Palazzo Datini, quasi sicuramente la risposta sarà che è di proprietà del Comune, della Regione o dello Stato. Pochi sanno che l’immobile appartiene ancora a Francesco Datini, cioè al suo “Ceppo dei poveri” diventato oggi, a distanza di più di 600 anni dalla morte, la Fondazione Casa Pia dei Ceppi: una Onlus di diritto privato molto ‘speciale’, guidata dai cosiddetti “buonomini”, eredi a loro volta degli esecutori testamentari del “Ceppo” che Datini aveva voluto fossero nominati dal Comune. In definitiva, Palazzo Datini appartiene ai pratesi, non al Comune di Prato. Per questa sua natura privatistica, la Fondazione non riceve finanziamenti pubblici, anzi versa al Comune, tra Imu e Tari, quasi 15 mila euro all’anno, e si sostiene esclusivamente con le proprie entrate. Se è vero che è il Sindaco che nomina gli amministratori della Fondazione, dunque, essi sono chiamati a rispondere non solo al Comune, ma in realtà alla città e ai cittadini pratesi tutti. Su cosa sia oggi Palazzo Datini e cosa possa diventare sono emerse chiaramente, in questi ultimi tempi, due visioni e due progetti. Ho riassunto le mie idee attraverso la metafora del “Corridoio Datiniano”, proponendo, in sostanza, una forma di sinergia e di interazione progettuale tra il Museo di Palazzo Datini e il Museo di Palazzo Pretorio. Non solo perché le due istituzioni sono divise, su Vicolo del Porcellatico, solo da qualche decina di metri, ma perché esiste tra loro, addirittura dall’Ottocento, un legame simbolico rappresentato dalla pala della “Madonna del Ceppo” di Filippo Lippi. La pala è di proprietà della Fondazione, ma nel 1858 fu trasferita in comodato d’uso gratuito in Palazzo Pretorio e costituisce una più importanti attrazioni del nostro Museo civico. Come dimenticare, poi, che a qualche decina di metri da Palazzo Datini c’è il Palazzo degli Alberti, con la sua preziosa Galleria e la Madonna con Bambino di Filippo Lippi? Un concentrato di storia e di bellezza che poche città possono vantare e che merita di essere custodito e valorizzato con passione. A queste mie idee il Comune ha risposto per bocca di autorevoli rappresentanti con un’altra metafora che non ha bisogno di spiegazioni, quella del “Casone Datiniano”. Di qui le mie dimissioni. Ora il Sindaco ha nominato un nuovo Presidente e un nuovo Consiglio di amministrazione per gestire, immagino, il “Casone”, mentre la mia idea del “Corridoio Datiniano” è stata giudicata un’utopia irrealizzabile. Staremo a vedere. Ma è importante che i cittadini pratesi, che sono – ripeto – i proprietari di Palazzo Datini, restino vigili e impediscano che il “Casone” sia utilizzato per fini che, oltre a tradire le volontà del ‘mercante di Prato’, pregiudichino le potenzialità di un luogo che custodisce la memoria storica ed è il tratto identitario della città.

Walter Bernardi

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